Il mondo sta vivendo tempi di angoscia e consapevolezza retrospettiva. Di fronte alle diffuse speculazioni sui movimenti del presidente russo Vladimir Putin, è degna di nota la frequenza con cui il secondo dopoguerra si fa strada nelle conversazioni comuni. Più della Conferenza di Yalta del 1945, della caduta dell'Unione Sovietica nel 1991 o dell'annessione della Crimea alla Russia nel 2014, la Carta Atlantica (firmata dal presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt e dal primo ministro britannico Winston Churchill a bordo della USS Augustanel 1941, quando l'esito della guerra era ancora incerto) assume un significato particolare: documenta, per la prima volta, l'ambizione di costruire un mondo in cui le persone vivano con "libertà dalla paura e dal bisogno", l'impegno per la prosperità come percorso privilegiato alla pace. Questi sono principi che costituiscono i pilastri dell'ordine liberale internazionale che ha governato negli ultimi otto decenni; hanno cementato l'egemonia americana sotto lo slogan del "mondo libero".
Al di là del parere degli esperti e del racket di chi (seppur privo di credenziali) fa proclami e pronostici su questa crisi, quello che ha preoccupato il cittadino comune in Europa sono le domande su quando e come la tensione arriverà al culmine. La questione se ci sarà una guerra, sebbene valida, sta perdendo urgenza, mentre la diplomazia sembra prendere forma dopo la consegna delle risposte di Washington e Nato all'ultimatum della Russia presentato il 17 dicembre.
Questo punto di vista può dare la (falsa) sensazione che, al diminuire della possibilità di un'invasione, l'Occidente possa tornare alla sua routine. L'Ucraina non è nella NATO, ei trenta membri dell'Alleanza, compresi gli Stati Uniti, hanno chiarito al mondo che in nessun caso gli alleati prevedono l'invio di truppe per difendere un "partner distintivo" (ma non un alleato). Non si può escludere uno scontro aperto tra ucraini e russi; né va dimenticato che oltre quattordicimila personesono morti in combattimento nel Donbas. In caso di un'ipotetica escalation dell'aggressione russa, una risposta militare sarebbe affare di Kiev. Del tutto separate sono le spedizioni (di materiale, addestratori e altro supporto bilaterale) dai membri della NATO (principalmente dai paesi baltici, dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dal Canada).
La domanda è se in questo contesto, l'Occidente dovrebbe essere in grado di "riposare facilmente". Non dovrebbe. Cominciamo con la Spagna: si è tentati (soprattutto a causa della distanza geografica) di credere che la situazione nell'Europa orientale non riguardi la Spagna. Per la Spagna sarebbe anche facile, facendo il punto sui soli interessi nazionali, proclamare un vuoto “no alla guerra” per spuntare una casella nella politica interna. Ma il contributo della Spagna di due navi all'operazione NATO, volta a garantire la libera navigazione nel Mar Nero ea proiettare unità e forza, è una decisione in linea con l'appartenenza e la storia del Paese alla NATO. Fa parte dell'inversione dell'allontanamento della Spagna dagli Stati Uniti dal 2004.