Per limitare la diffusione della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV-2), gli Stati membri
hanno adottato alcune misure che hanno inciso sull’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione
europea, del loro diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Al fine di facilitare l’esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato in data 14 giugno 2021 il regolamento (UE) 2021/1953, che costituisce un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati Covid-19 interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione (certificato Covid digitale dell’UE) (JO 2021, L111, p.1). Quest’ultimo dovrebbe agevolare la graduale revoca delle restrizioni da parte degli Stati membri in modo coordinato. Difatti, le disposizioni del regolamento consentono, in particolare, il rilascio, la verifica e l’accettazione transfrontaliere di uno dei seguenti certificati:
un certificato comprovante che al titolare è stato somministrato un vaccino antiCOVID-19 nello Stato membro che ha rilasciato il certificato, denominato «certificato di vaccinazione»;
un certificato comprovante che il titolare è stato sottoposto ad un test effettuato da operatori sanitari o personale qualificato nello Stato membro che rilascia il certificato, e indicante il tipo di test, la data in cui esso è stato effettuato e il risultato del test, denominato «certificato di test»;
un certificato comprovante che, in seguito al risultato positivo di un test effettuato da operatori sanitari o personale qualificato, il titolare è guarito da un’infezione da SARS-CoV-2, denominato «certificato di guarigione».
Il 30 agosto scorso alcuni cittadini dell’Unione hanno presentato al Tribunale un ricorso per l’annullamento totale o parziale del regolamento.
Il giorno successivo, i ricorrenti hanno, altresì, depositato una domanda cautelare per ottenere, in via provvisoria ed urgente, la sospensione dell’esecuzione delle disposizioni relative al rilascio, alla verifica e all’accettazione transnazionali dei certificati. A sostegno della domanda, gli istanti affermano, in primo luogo, che il regolamento impugnato crea una discriminazione tra persone vaccinate e persone non vaccinate nell’esercizio dei loro diritti fondamentali. Invero, essi ritengono che il regolamento violi il loro diritto alla libera circolazione qualora non si sottopongano a un trattamento medico invasivo contrario alla loro volontà, così causando una limitazione diretta della loro libertà personale garantita dall’art. 6 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché della loro libertà professionale e del loro diritto al lavoro, garantiti dall’art. 15 della stessa carta. In secondo luogo, i ricorrenti chiedono la cessazione della grave violazione dei loro diritti fondamentali, cagionata dal contenuto del regolamento impugnato, il quale sarebbe manifestamente svincolato da ogni norma scientifica, in ragione dei danni materiali e soprattutto morali loro cagionati in via diretta ed immediata da detta violazione, che impedisce loro di condurre una vita sociale normale.
Con ordinanza resa il 29 ottobre scorso, il Presidente del Tribunale ha rigettato la domanda cautelare. Il Giudice ricorda, innanzitutto, che l’articolo 278 del TFUE stabilisce il principio del carattere non sospensivo del ricorso, in quanto gli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione godono della presunzione di legalità, ed è solo a titolo eccezionale che il giudice del procedimento sommario può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato innanzi al Tribunale. Il Presidente precisa, poi, che la sospensione dell’esecuzione può essere accordata se la parte richiedente prova che la sua concessione è fondata prima facie in fatto e in diritto (fumus boni iuris) e che è urgente, nel senso che è necessario che sia emanata e che produca effetti prima della decisione della causa principale per evitare un danno grave e irreparabile. Queste condizioni sono cumulative, aggiunge il giudicante, cosicché le domande di misure provvisorie vanno rigettate in mancanza di una di esse. Il Giudice del procedimento sommario procede ugualmente, se del caso, al bilanciamento degli interessi in gioco.
Quindi, il Presidente ha esaminato se risulti soddisfatta la condizione dell’urgenza ed ha ricordato in proposito che, quanto alla tesi secondo cui il regolamento crea in pratica una discriminazione tra i cittadini dell’Unione nell’esercizio dei loro diritti fondamentali, non si possa fare applicazione meccanicamente e rigidamente della condizione del carattere irreparabile del danno, ma si debba tener conto delle circostanze che caratterizzano ogni causa, dovendo disapplicarsi l’anzidetto criterio quando esso sia incompatibile con i requisiti di una protezione provvisoria effettiva.
A tal riguardo, in primo luogo il Giudice ha osservato che nessuna argomentazione dei richiedenti dimostra, a prima vista, il carattere manifesto della violazione denunciata, poiché il possesso dei certificati previsti dal regolamento non è condizione necessaria per l’esercizio del diritto alla libera circolazione. Inoltre, sottolinea che i richiedenti non presentano alcun elemento che dimostri il peggioramento delle loro condizioni di spostamento, derivante dal regolamento, rispetto alla situazione preesistente alla sua entrata in vigore. In effetti, lo scopo del regolamento impugnato è semmai quello di facilitare l’esercizio del diritto di libera circolazione in seno all’Unione durante la pandemia di Covid-19 grazie all’introduzione di un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati Covid digitali dell’UE.
In secondo luogo, il Presidente ha specificato che il Giudice del procedimento sommario deve in ogni caso disporre di indicazioni concrete e precise, suffragate da documenti dettagliati, che dimostrino la situazione finanziaria della parte che richiede la misura provvisoria e che permettano di valutare le conseguenze che verosimilmente deriverebbero dalla mancata assunzione delle misure richieste. A tal proposito, ha constatato che i richiedenti hanno omesso di fornire indicazioni concrete e precise suffragate da documentazione scritta, cosicché egli non è in grado di valutare se il preteso danno possa qualificarsi come grave ed irreparabile.
Il giudicante ha concluso, infine, che i ricorrenti non hanno provato che la condizione relativa all’urgenza sia soddisfatta, per cui la domanda cautelare è stata rigettata, senza necessità di esaminare la condizione relativa all’esistenza del fumus boni iuris, né di procedere al bilanciamento degli interessi.
Qui i testi integrali degli atti di causa.