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Immagine del redattoreNicola Iuvinale

È ora di diventare duri con Russia e Cina. Sentono puzza di debolezza a Washington e a Bruxelles

Alcuni sosterranno che ciò potrebbe aumentare il rischio di conflitto e avrebbero ragione. Ma con Putin e Xi Jinping, purtroppo, questo è il punto. Intanto oggi resi noti gli accordi di Putin con i capi di Cuba, Venezuela e Nicaragua per fornire assistenza tecnico-militare alla Federazione Russa. Le tensioni si allargano al continente americano


di Nicola Iuvinale

Joe Biden e il presidente russo Vladimir Putin parlano due lingue diverse: Biden parla di evitare i conflitti e Putin invece di coercizione.

Mentre Biden ha affermato che una limitata incursione russa in Ucraina produrrebbe essenzialmente un dibattito tra i membri della NATO su come rispondere, Putin ha definito l'agenda spostando grandi forze e attrezzature militari fino al confine russo con la Corea del Nord.

Nel frattempo, il mondo aspetta di vedere cosa farà Putin.

Il Cremlino minaccia sfacciatamente l'ordine globale liberale con la guerra e allo stesso tempo afferma che è l'occidente, non Mosca, che è intransigente.

Ma come siamo arrivati ​​qui?

Ben prima della Crimea, Putin nutriva un forte risentimento per quella che vedeva come l'umiliazione occidentale ad una Russia indebolita negli anni '90 e il desiderio di annullarla.

Ma la sua percezione della debolezza occidentale lo ha reso sempre più fiducioso, in particolare perché vede l'avversione del mondo liberale al rischio di una guerra su vasta scala.

Per ragioni comprensibili, l'occidente preferisce il dialogo al confronto. Anche Putin lo fa, ma sceglie di modellarlo usando la coercizione in anticipo.

L'amministrazione Biden ha giustamente chiarito che non soddisferà le richieste di Putin e sta minacciando conseguenze "gravi" se la Russia dovesse invadere l'Ucraina. Allo stesso tempo, si offre di avviare un dialogo su quelle che potrebbero essere preoccupazioni parallele per la sicurezza russa ed europea. Il problema è che Putin finché vedrà l'avversione degli Stati Uniti e dell'UE al "rischio", continuerà il suo approccio coercitivo.

Lo avevamo anticipato giorni fa: "Tutti attendono con ansia quali saranno i prossimi passi della Russia. Mi permetto di suggerire che la Russia annuncerà probabilmente che intraprenderà una risposta tecnico-militare con possibile dispiegamento dei più recenti sistemi d'arma, principalmente ipersonici, in regioni geografiche piuttosto sensibili per l'Occidente".

Oggi è arrivata la conferma: il ministero degli Esteri Russo ha reso noti gli accordi di Putin con i capi di Cuba, Venezuela e Nicaragua.

Si tratta, tra l'altro, dell'interazione di Mosca con L'Avana, Caracas e Managua nel campo della cooperazione tecnico-militare (MTC).

In precedenza, l'ambasciatore russo Sergei Melik-Bagdasarov ha affermato che il Venezuela potrebbe fornire assistenza tecnico-militare alla Federazione Russa, se gli Stati Uniti aumentassero la pressione.

Il potenziale conflitto si allargherà anche al continente americano.

Nel caso della posizione coercitiva russa nei confronti dell'Ucraina, Putin non sta solo tentando di determinare cosa sarà consentito per l'Ucraina, ma segnala a livello internazionale che ora sta definendo le regole del gioco a livello globale.

E verso nord, nei gelidi oceani artici, grazie al riscaldamento radicale del pianeta e al ritiro del ghiaccio marino, una flotta di rompighiaccio cinesi e russi hanno manovrato per aprire una "via della seta polare", forse prendendo possesso del tetto del mondo.

Ma le ambizioni nucleari di Mosca a quanto pare non si esauriscono qui.

Il Cremlino ha avviato da tempo la militarizzazione dell'Artico.

Quindi, oggi qualsiasi discussione seria sulla stabilità strategica e sulla sicurezza europea deve vedere l'Artico per quello che è: difficilmente continuerà ad essere una zona di pace.

All'inizio del 2021, l'intelligence norvegese ha riferito che molti dei nuovi sistemi nucleari annunciati da Mosca che aggirano i trattati esistenti, come New START, saranno testati e dispiegati nell'Artico. Questi schieramenti renderebbero più facile penetrare o semplicemente eludere i sistemi di difesa missilistica, compensando anche l'inferiorità convenzionale.

L'Artico non è né una zona di pace, né un'eccezione alle realtà delle relazioni internazionali contemporanee.

Ciò deriva in gran parte dalla militarizzazione in corso dell'Artico da parte della Russia. Questo accumulo di forze non ha uno scopo principalmente difensivo, ma piuttosto offensivo, vale a dire la creazione di uno schermo difensivo dietro il quale i missili russi convenzionali, nucleari e ora a doppio uso possono prendere di mira sia i Paesi Nato che gli Stati Uniti continentali (CONUS).

Questi schieramenti russi mirano anche a fornire le forze necessarie per un ingresso marittimo nell'Alto Nord e nel Nord Atlantico, principalmente con sottomarini, ma anche con navi di superficie e piattaforme di attacco aereo; la Russia potrebbe quindi minacciare le rotte commerciali e di comunicazione dei membri della NATO.

Le missioni e gli obiettivi di queste forze sono state dettagliate in un rapporto pubblicato dalla Nitze School of Advanced International Studies chiamato "The Arctic and World Order".

Questo rapporto e gli analisti occidentali confermano che il concetto di "difesa" è, invero, intrinsecamente "offensivo".

In primo luogo, la Russia mira ad aumentare la sicurezza interna rafforzando una linea di difesa avanzata contro le incursioni straniere provocate dall'aumento dell'attività commerciale internazionale nella regione artica.

In secondo luogo, una posizione in avanti aiuterà a garantire gli investimenti economici della Russia.

In terzo luogo, creerà una base per proiettare potenza, principalmente nel Nord Atlantico. Gli schieramenti nucleari russi nell'Artico suggeriscono anche che Mosca si stia preparando a un potenziale conflitto regionale assumendo un atteggiamento offensivo, persino di "first attack".

Evidentemente, questo accumulo potrebbe essere mirato non solo a preparare il terreno per il dispiegamento di difesa russa di lunga data, ma anche a creare una capacità di primo attacco nucleare marittimo e possibilmente aereo contro la CONUS continentale e/o l'Europa.

Ma, al di là della minaccia alla libertà di navigazione, così come la minaccia militare diretta ai sistemi aerei e navali americani ed europei, molti di questi sistemi possono colpire gli Stati Uniti ei loro alleati.

I missili da crociera russi possono minacciare obiettivi sull'Europa continentale così come in Norvegi, e i sistemi missilistici terra-aria russi possono anche coprire vaste porzioni della Norvegia settentrionale; queste armi minacciano tutta la NATO.

Pertanto, oltre a una formidabile rete integrata di difesa marittima e aerea, queste piattaforme offrono anche a Mosca una capacità di attacco nucleare offensivo contro CONUS, Alaska e obiettivi in Europa o in Asia.

Con la Russia si è schierata anche Pechino, per creare un nuovo ordine globale e spartirsi il dominio sul mondo.

Uno dei punti critici più instabili nella grande strategia di Pechino per rompere la presa geopolitica di Washington sull'Eurasia risiede nelle acque contese tra la costa cinese e il litorale del Pacifico, che i cinesi chiamano "la prima catena di isole".

Costruendo una mezza dozzina di basi insulari nel Mar Cinese Meridionale dal 2014 (contro il diritto internazionale) brulicando Taiwan e il Mar Cinese Orientale con ripetute incursioni di aerei da combattimento e mettendo in scena manovre congiunte con la marina russa, Pechino ha condotto una campagna incessante per iniziare "l'espulsione dell'America dalle sue basi offshore" lungo quel litorale del Pacifico.

La Cina compie “attività illegali e coercitive” nel Mar Cinese Meridionale e se ne è illecitamente impossessata.

Ha anche schierato navi della guardia costiera e pescherecci cinesi per intimidire le navi straniere, bloccare l'accesso ai corsi d'acqua e sequestrare secche e scogliere.

L'immenso progetto della Belt & Road cinese, poi, non è solo la costruzione di "corridoi" per il trasporto terrestre e marittimo attraverso e intorno l'Asia verso l'Africa, l'Europa e oltre per facilitare il commercio; non solo porti locati e costruiti dai cinesi lungo le coste dell'Asia, dell'Europa, dell'Africa e dell'America Latina che potrebbero essere trasformati in basi navali; non solo una "diplomazia della trappola del debito" volta a trascinare le nazioni in via di sviluppo in un "ordine internazionale cinese emergente" fatto di sue regole; no, sarà la base per costruire la cooperazione con l'Esercito di liberazione popolare, i ministeri della sicurezza civile cinese per proteggere e difendere i loro investimenti globali nelle infrastrutture e connettività e i loro interessi sparsi nel mondo.

L'accumulo di interessi all'estero è ciò che la Belt & Road Initiative fa in grande stile attraverso e intorno all'Eurasia.

Secondo i pianificatori strategici dell'esercito Popolare della Liberazione, "dove gli interessi nazionali si espandono, deve seguire il supporto della forza militare".

Secondo l'ordine attuale, ci sono due strade diverse per difendere gli interessi all'estero.

Uno è quello di difendere i diritti legittimi secondo l'ordine basato sulle regole.

L'altro è rivendicare con forza nuovi diritti e imporre nuove norme di governance per migliorare i propri interessi a spese delle norme esistenti e dei diritti di altri attori.

Questa seconda opzione è la strada intrapresa dalla Cina.

In definitiva, se vogliamo che Putin e Xi Jinping agiscano diversamente, anche noi, Europa, Nato e Stati Uniti dobbiamo dimostrare una minore avversione al rischio.

Dobbiamo scendere sul loro stesso terreno.

È ora di diventare duri con Russia e Cina. Sentono puzza di debolezza a Washington e in Europa.

Alcuni sosterranno che ciò potrebbe aumentare il rischio di conflitto su larga scala e avrebbero ragione.

Ma con Putin e Xi Jinping, purtroppo, questo è il punto.

E' il tema dell'ultima Puntata di Prediche Moderatamente Utili con Fabio Scacciavillani, Gabriele e Nicola Iuvinale.

Il lato oscuro della Via della Seta.






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