Le tensioni nella regione medio-orientale non dovrebbero essere viste semplicemente attraverso la lente del terrorismo islamico quanto, piuttosto, con il prisma delle rivalità geopolitiche in atto, con Cina, Iran e Russia pronte a legittimare anche il terrorismo internazionale
G e N Iuvinale
Punti salienti
Cina e Russia hanno intensificato i loro sforzi diplomatici in Medio Oriente proprio mentre gli Stati Uniti hanno ridotto il proprio coinvolgimento
Il successivo intervento dell'Amministrazione Biden di "normalizzazione" dei rapporti tra Israele ed Arabia Saudita - con il fine di contenere Iran, Russia e soprattutto la Cina - è stato bloccato dalla violenta reazione di Hamas. La voluta interruzione dell'attività diplomatica statunitense giova ai piani egemonici dei regimi anti-occidentali. Il "minilateralismo statunitense e il chiaro pregiudizio di Washington a favore di Israele hanno esacerbato le divisioni e le ostilità nella regione", sostengono gli esperti cinesi
I Paesi del Medio Oriente stanno spostando la loro attenzione verso l’Asia. L’intermediazione di Pechino nell’accordo tra Arabia Saudita e Iran è stata agevolata da questa tendenza
La proposta avanzata da Putin nel corso del terzo Belt and Road Forum di creare una grande Unione Asiatica con la Cina si pone nel solco dei suddetti interessi medio-orientali
Le tensioni nella regione medio-orientale non dovrebbero essere viste semplicemente attraverso la lente del terrorismo islamico quanto, piuttosto, con il prisma delle rivalità geopolitiche
Rispondendo a una domanda di Politico sulla reazione della Cina all'attacco di Hamas contro Israele, il nuovo inviato speciale degli Stati Uniti per le questioni umanitarie in Medio Oriente ed ex ambasciatore sia in Turchia che in Libano, David Satterfield, ha risposto:
" I cinesi non vogliono davvero prendere una decisione su nessuna di queste cose. In realtà non hanno molta influenza, in un modo o nell'altro. Non vengono presi sul serio da nessuno dei partiti. Nessuno vuole offenderli, ma non sono attori. E questa non è una novità: riguarda gli ultimi 20-25 anni. "
Foto GettyImages
Ad agosto, invece, Niu Xinchun, direttore dell'Istituto per il Medio Oriente del China Institute of Contemporary International Relations, aveva affermato che in "campo militare gli Stati Uniti considerano il Medio Oriente un tabù e la sicurezza militare è il pilastro della politica mediorientale degli Stati Uniti [...] Allo stato attuale, gli Stati Uniti ritengono che in campo economico l'influenza della Cina in Medio Oriente sia in testa. Pertanto, in termini di affari militari, gli Stati Uniti non permetteranno ai loro alleati in Medio Oriente di avvicinarsi alla Cina, ed è anche molto vigile sulle questioni correlate. In campo economico, per garantire l'egemonia del dollaro USA, anche gli Stati Uniti hanno le proprie considerazioni nel proporre che le esportazioni di petrolio dell'Arabia Saudita siano regolate in dollari USA".
Dunque, la lettura di Satterfield della geopolitica medio-orientale deve ritenersi riduttiva, se non errata.
Questi i motivi.
E' vero, Cina e Russia hanno intensificato i loro sforzi diplomatici in Medio Oriente, proprio mentre gli Stati Uniti hanno ridotto il proprio coinvolgimento.
La posizione russa
Dopo lo scoppio della crisi ucraina nel febbraio 2022, la Russia ha posto al centro del suo assetto diplomatico la regione dell'Asia-Pacifico e del Medio-Oriente.
L'Asia Pacifico. Mosca - con il proprio bilancio quasi interamente impiegato nello sforzo bellico in Ucraina - ha intensificato gli sforzi per aumentare le proprie finanze, promuovendo la costruzione del Corridoio internazionale di trasporto Nord-Sud, una nuova rotta che va dalla Russia all'Oceano Indiano attraverso l'Asia centrale e il Caucaso, al fine di contrastare le sanzioni e gli embarghi imposti dagli Stati Uniti e l'Europa sulla Russia.
Come detto, dopo che gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno imposto sanzioni a Mosca, la Russia si è unita all’Iran, uno dei Paesi economicamente più isolati al mondo. Le sanzioni internazionali imposte contro Mosca e Teheran limitano la loro capacità di accedere ai mercati finanziari globali e di condurre scambi internazionali. Di conseguenza, entrambi i Paesi cercano di espandere i legami economici con i paesi vicini dell’Asia occidentale e centrale per aggirare le sanzioni. In particolare, Iran e Russia hanno lavorato per rafforzare i loro legami commerciali e migliorare le infrastrutture di trasporto congiunte.
In questo senso, una delle principali rotte commerciali tra Iran e Russia è, appunto, il corridoio internazionale di trasporto nord-sud (INSTC), una rete di trasporto multimodale che collega l’India e il Golfo Persico alla Russia e al Nord Europa. Il corridoio di trasporto è cruciale per le relazioni e il commercio tra Russia e Iran.
Foto: Corridoio di trasporto Nord-Sud, Nuova ferrovia Iran-Russia per aggirare lesanzioni occidentali, Credit Gulf International Forum (GIF).
Il corridoio comprende porti marittimi nel Golfo Persico e nella regione del Caspio, nonché rotte stradali e ferroviarie. La tratta ferroviaria dall’Iran alla Russia porterà vantaggi economici ad entrambe le parti, poiché le merci potranno spostarsi rapidamente e facilmente tra le due nazioni. Si prevede che le ferrovie svolgeranno un ruolo chiave nello sviluppo dell’INSTC, con il completamento della ferrovia Rasht-Astara che è una componente cruciale del corridoio. Questa ferrovia collegherà il porto iraniano di Bandar-e Anzali alla rete ferroviaria russa e oltre, fornendo un percorso diretto per il trasporto delle merci. Tuttavia, il corridoio Nord-Sud è ancora in fase di sviluppo e non è ancora pienamente operativo.
Il Medio-Oriente. L’importanza del Medio-Oriente nell’assetto diplomatico di Mosca è aumentata notevolmente, con l’Iran e la Turchia, in particolare, che sono diventati una priorità per la diplomazia russa.
La posizione della Cina
La Cina ha mantenuto a lungo stretti legami economici con il Medio Oriente. Nel 2013, Pechino ha presentato la Belt and Road Initiative (BRI), con i paesi della regione che sono diventati partner importanti nella costruzione della BRI.
Con l’approfondimento dei legami economici, l’influenza della Cina in Medio Oriente si sta spostando da una dimensione prettamente economica ad una politica, di sicurezza e culturale.
Nel novembre 2019, la Cina ha ospitato il primo Middle East Security Forum (MESF) e nel 2022 il secondo (che si è svolto tramite video). Il suo scopo è quello di costruire una piattaforma per tutte le parti in Medio Oriente per esplorare nuove idee e piani per la governance della sicurezza.
Il Consigliere di Stato e Ministro degli Esteri cinese Wang Yi illustra le soluzioni cinesi per la sicurezza in Medio Oriente. Pechino 27.11.2019 ore13:45. Foto: MOFA.
In questo processo, Xi Jinping nell'aprile 2022 ha proposto una “Nuova Architettura di Sicurezza per il Medio Oriente” (NSAM). L'NSAM riflette l'idea che le questioni relative allo sviluppo e alla sicurezza dovrebbero essere integrate in modo globale. Si concentra sulla piattaforma di dialogo sulla sicurezza del Golfo e sulla questione palestinese.
In un discorso video preregistrato alla cerimonia di apertura del Secondo Forum sulla sicurezza del Medio Oriente, il Consigliere di Stato e Ministro degli Esteri Wang Yi ha elaborato la proposta cinese in quattro punti per l'attuazione del GSI e la promozione di una nuova architettura di sicurezza in Medio Oriente.
I quattro punti sono:
la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile dovrebbe essere sostenuta;
occorre affermare il ruolo guida dei paesi della regione;
si dovrebbero rispettare gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite;
il dialogo sulla sicurezza regionale dovrebbe essere rafforzato.
Come evidenziato, il crescente impegno della Cina nel Medio Oriente, coincidente con il disimpegno americano e l'applicazione di sanzioni alla Russia, ha rafforzato la credibilità di Pechino come partner economico per molti Stati dell'area e come attore diplomatico e militare. In particolare, i legami tra Cina e Arabia Saudita si stanno espandono velocemente, coinvolgendo economia, diplomazia, intelligence e sicurezza regionale.
Per decenni, i legami economici tra i due Paesi si sono limitati alle esportazioni di greggio, ma negli ultimi anni il rapporto si è rapidamente diversificato, riflettendo il desiderio di Cina e Arabia Saudita di far progredire le relazioni economiche oltre la tradizionale attenzione alle sole risorse energetiche.
L'approccio cinese, difatti, è passato dall'essere puramente transazionale a stratturarsi in modo più sfaccettato ed intrecciato ai futuri sviluppi economici e politici dell'Arabia Saudita e di altri Paesi del Golfo Persico.
Pechino sta tentando di surrogare gli Stati Uniti come attore regionale di influenza geoeconomica e strategica.
Come detto, i legami economici tra Pechino e Riyad erano già forti. L'Arabia Saudita è da anni il più grande esportatore di greggio verso la Cina. Il Regno saudita è anche il più importante partner commerciale di Pechino in Medio Oriente da più due decenni. A sua volta, Pechino è il principale partner commerciale dell'Arabia Saudita dal 2013.
La sensazione che la relazione tra i due Paesi stesse evolvendosi in qualcosa di più importante, si è percepica nettamente lo scorso dicembre durante la visita del presidente Xi Jinping in Arabia Saudita. I due governi, infatti, hanno identificato un ampio spettro di cooperazione futura, anche in materia di energia, automobili, catene di approvvigionamento, comunicazioni, trasporti, estrazione mineraria e nel settore finanziario.
Pechino e Riyadh hanno trovato anche una sovrapposizione tra la Belt and Road Initiative cinese con il programma di riforma Vision 2030 dell'Arabia Saudita, generando una cooperazione su nuove risorse energetiche tra cui solare, l'eolica e l'idroelettrica e sull'economia digitale, come la quinta generazione (5G) delle reti di telecomunicazioni.
La portata di tali affari indicano, dunque, un'evoluzione della relazione della Cina con i Paesi del Medio Oriente. Nell'ultimo decennio, infatti, la strategia di Pechino è diventata più consapevole ed intenzionale e la diversificazione dei legami economici con l'Arabia Saudita ne è un esempio.
Pechino non si accontenta più di essere solo uno dei principali clienti di greggio della regione. Vuole, invece, massimizzare il potenziale dell'area come mercato per beni, manodopera e tecnologie cinesi, inserendosi nel futuro economico dell'area attraverso investimenti e collaborazioni a lungo termine.
La Cina sta sviluppando una strategia regionale che combina visioni condivise sulla governance interna e sul futuro economico connesso.
Questo impegno ha effettivamente rafforzato la credibilità della Cina nella regione come partner economico e come attore diplomatico alternativo agli Stati Uniti dopo il loro spostamento dell'attenzione geopolitica.
Con una strategia consapevole di Pechino volta ad approfondire i legami mediorientali, sarà ancora più difficile per gli Stati Uniti destreggiarsi tra le diverse priorità geopolitiche che includono l'Ucraina, la regione indo-pacifica, la Cina e l'area del Mediterraneo.
Wen Shaobiao, assistente ricercatore presso il Middle East Institute della Shanghai International Studies University, ha affermato che l'Arabia Saudita svolge un ruolo importante in Medio Oriente in termini di energia, politica e religione. "Persegue attivamente la strategia di guardare a est e attribuisce grande importanza ad approfondire il partenariato strategico con la Cina".
Wen Shaobiao ha aggiunto che la Cina e l'Arabia Saudita continuano a promuovere l'attracco della Belt and Road Initiative e la visione di sviluppo del 2030, arricchendo costantemente la connotazione di cooperazione tra i due paesi, e hanno formato una relazione interdipendente molto stretta. Sebbene gli Stati Uniti stiano cercando di portare l'Arabia Saudita sulla strada della competizione strategica con la Cina, l'Arabia Saudita soppeserà sicuramente gli interessi economici e commerciali in continua espansione della Cina e dell'Arabia Saudita e il valore strategico delle relazioni sino-saudite, e non è disposta a partecipare alla competizione strategica tra Cina e Stati Uniti.
Il successivo [a quello cinese] intervento dell'Amministrazione Biden di "normalizzazione" dei rapporti tra Israele ed Arabia Saudita - con il fine di contenere Iran, Russia e soprattutto la Cina - è stato bloccato dalla violenta reazione di Hamas. La voluta interruzione dell'attività diplomatica statunitense giova ai piani egemonici dei regimi anti-occidentali. Il "minilateralismo statunitense e il chiaro pregiudizio di Washington a favore di Israele hanno esacerbato le divisioni e le ostilità nella regione", sostengono gli esperti cinesi.
Per mesi l'amministrazione Biden ha esplorato silenziosamente la possibilità di normalizzare le relazioni tra Arabia Saudita e Israele, con l'intento di promuovere la pace in Medio Oriente.
Da un punto di vista strategico, gli USA si stavano muovendo per molteplici considerazioni. Con la stagione elettorale del 2024 in pieno svolgimento, l'amministrazione Biden ha fatto della normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita e Israele un obiettivo politico.
Allo stesso tempo, gli Stati Uniti sono preoccupati per la crescente influenza della Cina nella regione del Golfo. Il Pentagono ha notato una serie di segnali pericolosi e l'Amministrazione Biden ha forti riserve su qualsiasi cooperazione di sicurezza tra la Cina e i suoi alleati del Golfo.
Gli Stati Uniti riconoscono che, con l'ascesa della Cina come attore globale, non possono impedire alla Cina di sviluppare una relazione più ampia con il Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG).
L'obiettivo degli USA è garantirsi che queste nuove relazioni non minaccino la sua egemonia strategica nella regione.
Come detto, prima dell'attacco di Hamas ad Israele, l'amministrazione Biden stava promuovendo la normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita e lo Stato israeliano, anche con un ulteriore fine: contenere Pechino. Per convincere l'Arabia Saudita, gli Stati Uniti avrebbero dovuto fare molte concessioni.
E Biden era disposto a farle, scommettendo molto sulla questione medio-orientale per impedire alla Cina di espandere la sua influenza nella regione.
Cosa prevedeva l'accordo americano
Normalizzare le relazioni tra Arabia Saudita ed Israele, mantenendo al contempo a distanza la Cina. Per questo, come si è scritto il 12 agosto scorso, gli Stati Uniti avevano già concordato con l'Arabia Saudita un quadro generale di accordo di normalizzazione delle relazioni tra i due Stati. La conferma è arrivata il successivo 20 settembre direttamente dal The New York Time.
Peraltro, il Principe Mohammed bin Salman bin Abdulaziz Al Saud, Principe ereditario e Primo Ministro del Regno Arabo, proprio il 20 settembre aveva rilasciato un'intervista sul canale televisivo americano FOX News dove affermava che l'Arabia "si sta avvicinando costantemente alla normalizzazione delle relazioni con Israele", avvertendo che se l'Iran si fosse dotata di un'arma nucleare, "dobbiamo procurarcene una".
Questa intervista sulla rete conservatrice statunitense è arrivata proprio quand Joe Biden stava portando avanti gli sforzi per mediare legami storici tra le due potenze regionali (Israele e Arabia Saudita) i principali alleati di Washington in Medio Oriente.
Attraverso questo accordo trilaterale gli Stati Uniti avrebbero minato la crescita delle relazioni sino-saudite.
Avvicinare l’Arabia Saudita agli Stati Uniti, infatti, potrebbe allontanare il regno dall’orbita della Cina, indebolendo gli sforzi di Pechino per espandere la sua influenza in Medio Oriente.
Oltre ad alcune condizioni che coinvolgevano le tre parti, l'Arabia Saudita aveva avanzato agli Stati Uniti tre richieste principali:
assistere l'Arabia nello sviluppo della tecnologia nucleare civile;
espandere le esportazioni di armi verso quest'ultima;
se l'Arabia fosse attaccata, gli Stati Uniti avrebbero dovuto fornire supporto militare.
Gli USA, dal conto loro, avevano chiesto all'Arabia Saudita di mantenere le distanze dalla Cina, sia economicamente che militarmente.
In particolare:
l'Arabia Saudita doveva garantire che la Cina non avesse installato una base militare nel Paese del Golfo;
per ragioni di spionaggio tecnologico, il Regno Saudita avrebbe dovuto di limitare l'uso delle tecnologie sviluppate da Huawei;
per le esportazione di petrolio in Cina, l'Arabia avrebbe dovuto garantire che il relativo pagamento fosse stato fatto in dollari USA invece che in yuan.
Israele non aveva partecipato direttamente ai negoziati.
Tutte le parti, però, stavano affrontando una notevole resistenza su questioni come le garanzie di sicurezza e i progetti nucleari civili. E, come si era evidenziato, il successo delle azioni diplomatiche dell'amministrazione Biden coinvolgevano cinque fattori di incertezza:
le relazioni USA-Arabia Saudita;
le relazioni USA-Israele;
la questione palestinese (e la relativa rete terroristica);
le ulterio questioni geopolitiche in Medio Oriente, come l'Iran;
la spaccatura politica interna americana e le prossime elezioni presidenziali del 2024.
Non c'è dubbio che l'azione militare di Hamas contro Israele sia stata pianificata fermare l'iniziativa di pace americana.
Ora la situazione medio-orientale resta molto complessa, con l'Iran pronto a stringere partnership sempre più solide con Cina e Russia per il dominio globale non solo negli affari, ma anche nel campo militare.
Il "minilateralismo statunitense e il chiaro pregiudizio di Washington a favore di Israele hanno esacerbato le divisioni e le ostilità nella regione".
Il mantra cinese
Il Prof. Wu Bingbing dell'Università di Pechino evidenzia così i presunti limiti della politica estera statunitense nel Medio-Oriente.
Questa la sua posizione. “Nel settembre [2020], gli Emirati Arabi Uniti (EAU), il Bahrein e Israele hanno firmato gli Accordi di Abraham alla Casa Bianca degli Stati Uniti, stabilendo così relazioni diplomatiche formali [tra i due Stati arabi e Israele]. Tre mesi dopo, il Marocco ha seguito l’esempio. Nel 2021, gli Emirati Arabi Uniti, Israele, gli Stati Uniti e l'India hanno istituito il "Quad del Medio Oriente", seguito da un vertice online nel luglio 2022 e dalla sua denominazione ufficiale I2U2. Questo tipo di meccanismo di cooperazione, noto come “minilateralismo”, è un accordo di cooperazione esclusivo tra un piccolo numero di paesi attorno a una questione specifica. Gli Accordi di Abraham e il “Middle East Quad’” sono nati dall’idea di Trump di una “Alleanza strategica del Medio Oriente”,
il cui obiettivo era quello di promuovere l’instaurazione di una stretta cooperazione in materia di sicurezza tra gli Stati arabi del Golfo Persico e Israele al fine di contrastare l’influenza dell’Iran e della Turchia nella regione.
L’idea era originariamente etichettata come “NATO araba”.
“Mentre i palestinesi diventavano sempre più isolati, la volontà di Israele di risolvere pacificamente la questione palestinese con una soluzione a due Stati è diminuita. Nel novembre 2022, l'ascesa dell'estrema destra alle elezioni generali israeliane ha visto il "Partito sionista religioso" diventare il terzo partito più grande alla Knesset e acquisire un'influenza significativa nel nuovo governo. Evidentemente gli accordi di Abraham non hanno contribuito a promuovere la pace tra palestinesi e israeliani. Invece, ha alimentato ulteriormente il conflitto”.
“Questa situazione ha, a sua volta, esacerbato le divisioni tra i palestinesi. Dal 2007 esiste una spartizione tra la Cisgiordania, controllata dall’Autorità Palestinese, e Gaza, controllata da Hamas. Di fronte al crescente rifiuto di Israele al compromesso, le differenze tra le forze politiche nella Striscia di Gaza, come Hamas e la Jihad islamica palestinese, e l'Autorità palestinese si sono ampliate.
Le forze politiche palestinesi come Hamas sono rimaste sulla strada della resistenza e nel maggio 2021 è scoppiato un conflitto armato tra Gaza e Israele. Sulla base di queste nuove realtà politiche, Hamas ha iniziato a ristabilire le sue relazioni con l’Iran, la Siria e altri paesi che si erano deteriorate a causa della Primavera Araba”.
"La firma degli Accordi di Abraham, l'ascesa delle forze politiche di estrema destra in Israele, le crescenti divisioni all'interno del campo palestinese e il rafforzamento del 'campo della resistenza' in Medio Oriente dimostrano la centralità della questione palestinese per il [ attuali] rivalità geostrategiche in Medio Oriente. Sebbene una soluzione politica negoziata al problema palestinese sulla base della soluzione dei due Stati riscuota il consenso della comunità internazionale, manca la spinta per far avanzare il processo di pace israelo-palestinese. L’“accordo del secolo” proposto dall’amministrazione statunitense Trump era in realtà un sostegno unilaterale a Israele. Finora l’amministrazione Biden non ha presentato un proprio piano di pace in Medio Oriente. Pertanto, per promuovere una soluzione politica alla questione palestinese, è necessario dare nuovo slancio alla soluzione dei due Stati e al processo di pace in Medio Oriente”.
Per la Cina è necessario legittimare anche le organizzazioni terroristiche nel processo di pace "due Stati, due popoli".
Il mantra cinese è sempre lo stesso: la colpa è sempre degli Stati Uniti, perché
la natura esclusiva della politica di Washington è in netto contrasto con la “nuova architettura di sicurezza per il Medio Oriente” proposta da Pechino, che cerca di coinvolgere tutti gli attori della regione, compresi Hamas, Hezbollah e la Jihad islamica palestinese.
"Per gestire e controllare il conflitto è necessario coordinare tutti gli aspetti ad esso correlati, tra cui Israele, l’Autorità Palestinese, ma anche forze politiche come Hamas, la Jihad islamica palestinese e persino i paesi e le forze politiche della regione che hanno influenza sulla questione palestinese, come Egitto, Iran, Turchia, Qatar, Siria e Hezbollah in Libano. La promozione della pace e la gestione di questo conflitto sono due aspetti interconnessi”, sostiene Wu Bingbing.
La definizione "Due Stati, due popoli" per la questione medio-orientale non è coincidente tra Occidente e regimi autoritari. Di mezzo c'è il terrorismo, la sua legittimazione ed una guerra geopolitica di proporzioni globali, con gli USA che non possono mantenere da soli tutti i fronti di guerra aperti.
“Nel processo di costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità, la Cina ha proposto di allearsi con il mondo arabo per costruire una comunità arabo-cinese con un futuro condiviso nella nuova era , il che rende ancora più necessario trovare un equilibrio questo con lo sviluppo delle relazioni con i paesi non arabi del Medio Oriente come Iran, Turchia e Israele”, prosegue Wu Bingbing.
“Attualmente, l'attenzione principale [della Cina] è sul dialogo sulla sicurezza [piattaforma] tra le due parti del Golfo e sulla questione palestinese. In questo contesto, si può affermare che il concetto di “modernizzazione in stile cinese” fornisce un quadro di valori condiviso per la Cina e tutti i paesi della regione. Tutti gli Stati del Medio Oriente approvano e accettano la modernizzazione e la perseguono in base alle specifiche circostanze nazionali e alle proprie caratteristiche nazionali. Tutti i paesi della regione possono trarre lezioni e ispirazione dalla modernizzazione in stile cinese. Questo concetto può [aiutare] a collegare la costruzione congiunta della BRI e di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità con la nuova architettura di sicurezza per il Medio Oriente, coinvolgendo così tutti i paesi della regione e fornendo un supporto più potente per lo sviluppo della Cina, ha precisato Wu Bingbing.
Giova ricordare, però, che:
Hamas è un gruppo para-militare fondato nel 1987 durante la prima intifada, rivolta caratterizzata da diffuse proteste contro l'occupazione israeliana. Il gruppo ha giurato di annientare Israele ed è stato responsabile di molti attentati suicidi e altri attacchi mortali contro civili e soldati israeliani. L'UE e altri Paesi occidentali considerano Hamas un'organizzazione terroristica.
Il Movimento per la Jihad islamica in Palestina è un’organizzazione radicale, designata come terrorista dal Consiglio europeo, dagli Stati Uniti e Canada, oltre che da Israele, è la seconda più grande organizzazione militante palestinese a Gaza dopo Hamas, al governo della Striscia.
Una eventuale legittimazione dei terroristi si tradurrebbe, quindi, in una grande vittoria geopolitica dei regimi di Russia, Cina e Iran da propagandare al mondo intero, aprendo così la strada ad un pericoloso, quanto illegittimo, precedente.
I Paesi del Medio Oriente stanno spostando la loro attenzione verso l’Asia. L’intermediazione di Pechino nell’accordo tra Arabia Saudita e Iran è stata agevolata da questa tendenza.
La Cina ha svolto un ruolo chiave nel riavvicinamento saudita-iraniano, con l’Iran che ha scelto Pechino come sede per la sua svolta diplomatica definitiva con l’Arabia Saudita.
Con il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan nel 2021 e lo scoppio della crisi ucraina nel 2022, il Medio Oriente è diventato sempre più interconnesso con le regioni vicine, in particolare con l’Asia.
Il Qatar è diventato un attore importante in Afghanistan, la Turchia guida l’Organizzazione degli Stati turchi come piattaforma per rafforzare la propria influenza nel Caucaso e nell’Asia centrale, mentre sempre più paesi del Medio Oriente chiedono di aderire all’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO).
Ad oggi, l’Iran è già diventato un membro ufficiale e l’Egitto, l’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e il Kuwait sono ora partner di dialogo.
Il Medio Oriente, dunqe, sta mostrando una svolta generale verso l’Asia.
Per questo, l''intervento pacificatore dell'Amministrazione Biden, oltre ad essere stato tardivo, è apparso sin dall'inizio privo di speranze, come si è scritto in questo post dove la sfida per Washington è stata definita "tremenda".
La proposta avanzata da Putin nel corso del terzo Belt and Road Forum di creare una grande Unione Asiatica con la Cina si pone nel solco dei suddetti interessi medio-orientali per l'Asia
Vladimir Putin è intervenuto al terzo Belt and Road Summit Forum for International Cooperation che si sta svolgendo in questi giorni a Pechino.
Il Presidente russo ha esaltato la solidarietà con la Cina, facendo seguito al discorso di Xi per un nuovo ordine mondiale. Putin ha detto al Presidente cinese che “tutti questi fattori esterni sono minacce comuni e rafforzano l’interazione russo-cinese”.
Putin, inoltre, ha ribadito la proposta di formare un Grande Spazio Eurasiatico, "uno spazio di cooperazione e interazione tra persone che la pensano allo stesso modo, in cui saranno collegati vari processi di integrazione, tra cui la Belt and Road Initiative, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, l’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) e l’Unione economica eurasiatica tra la Russia e i suoi partner spaziali post-sovietici" (leggi qui l'approfondimento).
La BRI sta diventando più piccola e più verde e si affiderà più agli investimenti delle aziende cinesi che ai prestiti per lo sviluppo ai governi.
L'Asia e il Medio-Oriente sono, soprattutto, le nuove aree di interesse per i due leader.
In questo quadro, si spiega anche il perchè la partecipazione cinese alla conferenza saudita sia "radoppiata", con Riyadh che corteggia sempre più intensamente Pechino. Quest'anno, infatti, circa 300 “decision maker” cinesi parteciperanno alla Future Investment Initiative dell'Arabia Saudita. Si tratta del doppio della partecipazione dell'anno scorso poiché Riyadh continua ad approfondire le sue relazioni con la Cina, nonostante le preoccupazioni degli Stati Uniti.
Putin e Xi hanno hanno creato un partenariato strategico nel cuore dell'Eurasia. Un nuovo ordine mondiale, dove l'amicizia "illimitata" tra i due, dichiarata ufficialmente al mondo il 24 febbraio 2022, ha segnato l'inizio di una nuova era.
Le tensioni nella regione medio-orientale non dovrebbero essere viste semplicemente attraverso la lente del terrorismo islamico quanto, piuttosto, con il prisma delle rivalità geopolitiche.
E' indubbio che nell'area medio-orientale sia in corso una "guerra" geopolitica durissima tra Stati Uniti da una parte ed i regimi di Cina, Iran e Russia dall'altra.
Pechino è stata anche la grande alleata di Teheran nell'eliminazione, anche fisica, della rete di intelligence statunitense presente sul territorio iraniano.
La “nuova era storica” vede le potenze autoritarie e totalitarie, guidate dalla Cina, rialzare la testa per lanciare la sfida all’ordine internazionale liberale e tentare di imporre un modello sinocentrico, quello “forte con caratteristiche cinesi" voluto da Xi.
Per la questione medio-orientale, Cina, Russia e Iran continuano a denunciare l’arroganza geopolitica delle democrazie mondiali, dichiarando la fine dell’era nella quale le stesse possono intervenire negli affari interni di altri Paesi per sollevare scomode questioni di diritti universalmente riconosciuti.
Nessuna lezione da questi regimi può essere accettata, dunque.
Il pallino della questione medio-orientale non deve essere lasciato nelle mani di questi Stati genocidi e di terroristi internazionali.
Infine, c'è un rischio ulteriore - e forse il più significativo di tutti - da non sottovalutare.
L’amministrazione Biden, nella sua Strategia di difesa nazionale del 2022, ha chiarito che gli Stati Uniti non hanno la capacità di combattere sia una guerra con la Cina, sia un altro conflitto significativo, come in Europa contro la Russia o in Medio Oriente contro l'Iran, su linee temporali anche approssimativamente parallele.
E queste "linee" sono ora una realtà.
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