Nell'Indo-Pacifico, l'invasione russa dell'Ucraina ha riacceso i timori per uno scenario dell'uso della forza in cui la Cina sarebbe l'attore principale. Le reazioni regionali riflettono questo timore come la necessità di mantenere relazioni stabili con la Russia. Per gli Stati Uniti e i loro alleati asiatici, questa è un'opportunità per riflettere sull'importanza delle storiche alleanze bilaterali che li legano tra loro. Sono abbastanza deterrenti da contenere l'espansione multidimensionale cinese? Funzioneranno efficacemente in una crisi?
Geopolitica - Indo-Pacifico
G Iuvinale
I paesi asiatici guardano con preoccupazione alla guerra russo-ucraina e ai suoi sviluppi, sebbene ne sentano il significato in modo diverso.
Inizia così un interessante Brève stratégique - 33 - a firma dell'analista Marianne Péron-Doise - pubblicato dall'IRSEM, l'Ecole Militaire Strategic Research Institute francese.
C'è preoccupazione, quindi.
Molti di loro, scrive la Péron-Doise, malamente ripresi dalle conseguenze economiche e sociali del Covid-19, temono gli effetti del conflitto sulla propria vita quotidiana in termini di aumento dei prezzi dell'energia, turbolenze dei mercati finanziari e continuità delle filiere.
Coloro che hanno condannato l'invasione russa e si sono uniti alle sanzioni, come Singapore, Giappone, Corea del Sud o Australia, si aspettano di essere presi di mira da attacchi informatici di ritorsione. Oltre a ciò, i paesi asiatici si trovano principalmente ad affrontare la difficoltà di mantenere relazioni diplomatiche equilibrate tra Stati Uniti, Russia ed Europa e altro ancora con la Cina. Questo parametro cinese, ovviamente, li paralizza.
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Gli Stati asiatici, dunque, hanno difficoltà nel prendere una posizione univoca sulla vicenda Ucraina in considerazione dei differenti legami che hanno con la Cina di Xi Jinping. E questa difficoltà, traspare anche dal tono dei principali media.
Cosa pensa, dunque, l'analista dell'IRSEM.
Bisogna pertire da tre considerazioni preliminari:
la Russia rimane il fornitore di importanti equipaggiamenti militari come sottomarini e aerei da combattimento che dovranno essere mantenuti a lungo termine. E in questi termini va letta anche la presa di posizione dell'India che non ha condannato la guerra di Putin.
gli Stati Uniti, grande potenza asiatica, che ha fatto dell'Indo-Pacifico la sua priorità strategica, sono anche il motore di un rinnovato sistema di alleanze politico-militari attraverso il QUAD e l'AUKUS, due meccanismi per contenere l'espansione cinese.
l'Unione Europea è un importante partner economico e commerciale, in particolare per l'ASEAN, l'India e il Giappone, ma anche per la Cina.
Fatte queste premesse, sia la vicenda della guerra russa in sè, sia la giustezza delle sanzioni occidentali con particolare riferimento agli effetti globali, vanno valutati alla luce della dipendenza strategica di alcuni Paesi dalla Cina.
È proprio la trasposizione di uno scenario di ricorso alla forza da parte della Cina e il timore della radicalizzazione di situazioni di fatto compiuto che si impongono negli animi dei paesi asiatici che osservano la guerra russo-ucraina, dice Marianne Péron-Doise.
L'espansione unilaterale di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, l'inasprimento delle tensioni sino-giapponesi sugli isolotti di Senkaku e ancor più la prospettiva di un'acquisizione di Taiwan, sono i veri fattori che pesano nell'espressione del sostegno mostrato. Così il presidente taiwanese ha condannato immediatamente, ed inequivocabilmente, l'aggressione russa e si è subito allineato alle sanzioni occidentali. Ed in questi termini deve essere anche letta la presa di posizione dei Ministri dell'ASEAN, l'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico, espressa in una tiepida dichiarazione congiunta, dove si evita il termine invasione, preferendo l'espressione “ostilità armate”.
Solo Singapore e l'Indonesia hanno adottato un linguaggio più forte nel menzionare il rispetto per l'integrità territoriale dell'Ucraina. Il Vietnam, uno dei principali importatori di armi russe e ucraine, ha optato per un tono cauto, riferendosi alla Carta delle Nazioni Unite. Il paese si è astenuto dal voto dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2 marzo scorso che chiedeva di condannare la Russia. Con quest'ultima hanno, infatti, una partnership strategica di alto livello, uno status condiviso solo con India e Cina. La giunta militare birmana, invece, che gode dell'appoggio politico e militare di Mosca, ha parlato di “invasione giustificata”.
Poi c'è l'India, che dice l'analista, divisa tra partner chiave, si è finora astenuta dal rilasciare dichiarazioni di condanna dell'azione russa.
Di fronte all'espansione cinese nell'Oceano Indiano e al suo confine himalayano, non vuole dover scegliere tra la Russia, suo principale fornitore di armi, e gli Stati Uniti. Tuttavia, questa posizione di equilibrio sembra insostenibile a lungo termine, in particolare a causa dell'appartenenza di Delhi al QUAD.
In Asia orientale, invece, le reazioni sono più prevedibili.
Non sorprende, aggiunge Marianne Péron-Doise,
che la Cina non rinneghi chiaramente la Russia mentre fa appello a Mosca e Kiev per moderazione.
Giappone e Corea del Sud, invece, si sono allineati alla politica sanzionatoria di Stati Uniti e Unione Europea.
La posizione della Cina
Il riavvicinamento osservato tra Cina e Russia è fonte di ulteriore preoccupazione, dice l'analista francese.
Ecco il punto essenziale.
All'apertura delle Olimpiadi di Pechino all'inizio di febbraio, Vladimir Putin si è mostrato compiaciuto al fianco di Xi Jinping, elogiando i loro legami "più stretti che mai". In una dichiarazione congiunta , i due presidenti avevano denunciato la strategia indo-pacifica degli Stati Uniti e la partnership per la sicurezza AUKUS. Questa comunità di interessi si riflette nelle loro denunce dei progressi della NATO in Europa. Ma questa ostentata complicità, che serve i rispettivi interessi dei due uomini, non è esente da difetti. La propensione di Vladimir Putin ad agire militarmente solleva interrogativi a Pechino. Con le sue incessanti azioni di forza, in Georgia, in Crimea, in Kazakistan, il presidente russo mette in discussione il principio di integrità e non ingerenza delle frontiere che la Cina costantemente avanza, in particolare nella legittimazione dei “suoi diritti” su Taiwan. Da qui l'ambiguità della sua posizione sull'Ucraina, quest'ultima essendo per Pechino uno stato sovrano, a differenza di Taiwan presentata come una parte “inalienabile” del territorio cinese. Paradossalmente, se la guerra in Ucraina costituisce per Pechino un mezzo per ostacolare le ambizioni indopacifiche degli Stati Uniti, non dovrebbe né servire troppo né indebolire troppo il potere russo.. In questo senso, il vigore delle sanzioni internazionali, l'unità nella condanna della guerra e l'insorgere di una contestazione interna in Russia suscitano allarmi cinesi.
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Per la Cina, tutto ciò costituisce un caso di studio prezioso sia dal punto di vista politico-economico che operativo. Ma per alcuni nel sud-est asiatico, che pensano che la loro "neutralità" li protegga, il bipolarismo del panorama strategico internazionale suona come una minaccia, conclude la ricercatrice dell'IRSEM.
L'ordine internazionale sta andando in pezzi e tutti sembrano sapere come risolverlo, scrive Mihael Beckley, Professore Associato di Scienze Politiche alla Tufts University, su Foreign Affairs.
Secondo alcuni, gli Stati Uniti devono solo ridedicarsi alla guida dell'ordine liberale che hanno contribuito a fondare circa 75 anni fa. Altri sostengono che le grandi potenze mondiali dovrebbero formare un concerto per guidare la comunità internazionale verso una nuova era di cooperazione multipolare. Altri ancora chiedono un grande affare che divida il globo in sfere di influenza stabili.
Ci sono solo due ordini in costruzione in questo momento, uno a guida cinese e uno a guida statunitense, e la contesa tra i due sta rapidamente diventando uno scontro tra autocrazia e democrazia, poiché entrambi i paesi si definiscono l'uno contro l'altro e cercano di infondere alle rispettive coalizioni uno scopo ideologico.
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