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Immagine del redattoreGabriele Iuvinale

Il Recovery Fund e quel “goal di Zoff di testa su calcio d'angolo”

Vi ricordate la scena della corazzata Potëmkin de “Il secondo tragico Fantozzi”?«Nel buio della sala correvano voci incontrollate e pazzesche. Si diceva che l’Italia stava vincendo [sull’Inghilterra] per 20 a 0 e che aveva segnato anche Zoff di testa, su calcio d’angolo».

Bene, in questi giorni anche sul Recovery Fund si stanno rincorrendo voci pazzesche ed incontrollate.

C'è chi vorrebbe destinare parte dei fondi europei (209 mld tra sovvenzioni e prestiti) per tagliare le tasse (e il Commissario all'UE Gentiloni è dovuto subito intervenire per smorzare gli animi sostenendo che la Commissione europea non è un intermediario finanziario, cioè una Banca, vedi https://www.corriere.it/economia/finanza/20_settembre_01/recovery-fund-gentiloni-non-lista-emergenze-oltre-35percento-destinare-transizione-verde-23887ff0-ec38-11ea-a43c-ac43602f1ffa.shtml). Chi, invece, come Nicola Zingaretti, attuale segretario del PD e Presidente della Regione Lazio, già dà per ammesso che “al Sud andrà il 34% del Recovery Fund” (vedi: https://twitter.com/nzingaretti/status/1301792503436374017).

Ovvero: come fare i conti senza l'oste.

Come funzionano allora questi fondi?

In primis è bene ricordare che per accedere al Recovery Fund gli Stati dovranno presentare dei piani nazionali di riforma e resilienza. Questi dovranno poi essere approvati dal Consiglio Europeo, a maggioranza qualificata, secondo quanto deciso dal compromesso del vertice EU del 21 luglio scorso https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/07/21/european-council-conclusions-17-21-july-2020/).

Ma c'è poi un'altra questione.

Il loro contenuto sostanziale.

E qui è interessante richiamare la netta censura fatta, oltre che da Banca d'Italia e dalla Corte dei Conti, anche dal Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del Programma Nazionale di Riforma per l’anno 2020 e della Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell’art. 6, c. 5, della L. 243/2012, vedi https://www.upbilancio.it/wp-content/uploads/2020/07/Audizione-UPB-PNR-e-Rel.pdf ) al "generico" PNR presentato recentemente (peraltro anche in ritardo) dal Governo italiano.

Cosa dice allora il Presidente dell'Ufficio parlamentare?

"... il PNR di quest’anno avrebbe potuto essere l’occasione per l’individuazione delle priorità strategiche sulla base delle quali predisporre in autunno il Piano di ripresa e resilienza in modo da concentrare le risorse del Dispositivo europeo su aree di intervento ritenute fondamentali. D’altra parte, non sono fornite indicazioni su come un piano di utilizzazione di risorse straordinarie come il Piano di ripresa si inserirà nel quadro di bilancio ordinario, vale a dire nel quadro della decisione pluriennale di bilancio. Infatti, il Piano di ripresa è finalizzato anche al rafforzamento di interventi che presumibilmente necessiteranno di risorse anche a regime e di attività che richiederanno anche un finanziamento continuativo. L’intervento straordinario (ad esempio nel settore dell’edilizia giudiziaria) può essere finanziato con risorse della UE una tantum, ma la continuità dell’azione pubblica richiede poi risorse stanziate nell’ambito della politica di bilancio ordinaria.".

"Inoltre, è importante sottolineare di nuovo che il Piano di ripresa da presentare alle Istituzioni della UE richiede, a pena di valutazione non positiva della Commissione europea,programmi dettagliati di intervento, con indicazione delle singole misure, del costo, delle modalità per l’attuazione effettiva, compresi gli obiettivi intermedi e finali proposti e i relativi indicatori, e l’impatto stimato sull’economia. La predisposizione del Piano vero e proprio, da sottoporre alle istituzioni europee, richiederà quindi una adeguata istruttoria di policy sulle singole misure, e un dettagliato lavoro di approfondimento tecnico. In conclusione, la predisposizione di un piano credibile, dettagliato, coerente di riforme e investimenti pubblici, con una tempistica certa per la realizzazione, e la sua attuazione, costituiscono una sfida particolare per l’Italia, considerata anche l’urgenza con cui deve 31 essere predisposto. Ciò richiederà un rafforzamento significativo e rapido del modo di operare della pubblica Amministrazione, in particolare della capacità di programmazione (e di attuazione) delle politiche pubbliche.

Quindi i piani nazionali di riforma non sono affatto una passeggiata.

I piani per la ripresa e la resilienza, poi, saranno valutati dalla Commissione europea entro due mesi dalla loro presentazione. Secondo il progetto approvato dal Consiglio, “nella valutazione il punteggio più alto deve essere ottenuto per quanto riguarda i criteri della coerenza con le raccomandazioni specifiche per paese del rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro. Anche l'effettivo contributo alla transizione verde e digitale rappresenta una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva”.

Quindi il piano RF dovrà, in primis, contenere quelle riforme che l'UE ci chiede nelle sue raccomandazioni elaborate nel semestre europeo.

Ricordiamo anche che l'Italia è attualmente nel braccio preventivo del patto di stabilità e crescita ed è soggetta alla regola del debito (attualmente sospesi); inoltre, insieme a Cipro e Grecia è uno degli Stati UE che attualmente presenta i maggiori rischi macroeconomici (vedi https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/IDAN/2016/497739/IPOL_IDA(2016)497739_EN.pdf)

Su cosa ci chiede l'UE, invece, possiamo limitarci a ricordare, molto sinteticamente, le ultime raccomandazione del Consiglio UE (vedi http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-10165-2019-INIT/it/pdf ) ove espressamtete si richiamano le note riforme strutturali che mancano all'Italia dal secolo scorso.

Guarda caso, proprio durante il famoso vertice UE di luglio, il Consiglio Europeo ha adottato una ulteriore raccomandazione sulla politica economica della zona euro (vedi https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2020.243.01.0001.01.ITA&toc=OJ:C:2020:243:TOC%20).

In definitiva, cosa torna a chiedere agli Stati? Le riforme strutturali.

Si legge, infatti, “Per aumentare il potenziale di crescita, garantendo nel contempo la sostenibilità ambientale e sociale e promuovendo una reale convergenza tra gli Stati membri della zona euro, occorrono riforme strutturali atte a rafforzare la crescita sostenibile e investimenti in capitale materiale e immateriale per aumentare la produttività. Ne trarrebbero particolare beneficio gli Stati membri, il cui potenziale di crescita è chiaramente inferiore alla media della zona euro.Ciò sarebbe, inoltre, necessario per evitare che l’economia della zona euro scivoli in un periodo prolungato di crescita potenziale bassa, produttività scarsa, inflazione dei prezzi debole e crescita dei salari modesta, nonché di aumento delle disuguaglianze. Le riforme e gli investimenti restano fondamentali per garantire che la zona euro ritrovi il proprio slancio di crescita, superi pressioni eccessive a medio e lungo termine, derivanti anche dal deteriorarsi dell’andamento demografico, e faciliti la transizione verso un’economia sostenibile, il che aiuterebbe la zona euro e i suoi Stati membri a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite”.

Ricordiamo anche che la Corte dei conti europea ha recentemente censurato l'operato della Commissione Europea riguardo al fatto che molti Stati membri non attuerebbero la gran parte delle raccomandazioni, presentando al contempo Piani Nazionali di Riforma spesso del tutto generici ( a tal riguardo viene indicata anche l'Italia vedi: https://www.eca.europa.eu/it/Pages/DocItem.aspx?did=54357).

Non solo. La stessa Corte dei Conti ha anche proposto il suo intervento di audit di secondo livello (sulla Commissione UE) sul regolare utilizzo dei fondi europei previsti nel programma NGEU (vedi https://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/INAP20_08/INAP_Post-programme_surveillance_IT.pdf).

Tornando, allora, ai fatti nostrani, ci dobbiamo allora chiedere come fa Zingaretti a dare già per ammesso che il 34% dei fonti del NGEU saranno sicuramente destinati al Sud.

A parte il fatto che il piano RF nazionale non è stato ancora reso noto (o forse ancora neppure predisposto), Zingaretti darebbe già per ammesso che detti fondi debbano comunque rientrare nel disposto cui all'art. 1, comma 310 (Rafforzamento clausola investimenti 34% al Mezzogiorno) della legge di bilancio 2020 secondo cui il 34% delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale andrebbero destinati alle regioni del Mezzogiorno.

E qui sorge spontanea una domanda.

Lo stesso Piano per il Sud (vedi http://www.governo.it/it/approfondimento/piano-sud-2030-sviluppo-e-coesione-litalia/14097) proposto dal Ministro Provenzano (attualmente anche Vice direttore dello Svimez (vesi: http://www.svimez.info/archivio/la-svimez/organizzazione) prevede già la destinazioni di corposi fondi pari a 123 mld fino al 2030 e l'assunzione di oltre 10.000 assunzioni di giovani.

Ma lo stesso Svimez, in tutti i suoi rapporti, sottolinea che l'arretratezza del Sud è direttamente imputabile soprattutto alle inefficienze delle macchine amministrative regionali e anche comunali. Al netto di ciò, prima di parlare di assegnazione di fondi – come fa Zingaretti – non sarebbe dunque il caso di risolvere l'atavico problema della PA al Sud?

Erogare i soldi senza avere risolto prima questo imprescindibile problema, vorrebbe dire buttare via, come già accaduto in passato, fior fior di miliardi spesi in inefficienze e clientelismi.



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