La nota vicenda IMU, dopo oltre 20 anni di contenziosi, approda definitivamente alla Corte Costituzionale che dovrà decidere anche sugli avvisi di accertamento comunali dal 2017 al 2021 a danno dei coniugi. La Corte, in un recente comunicato stampa, ha già anticipato che l'ordinanza della Cassazione non appare corretta e che la legge IMU è in odore di incostituzionalità. Si, perché con la nota ordinanza della Cassazione del 2020, si è demolito l'impianto normativo voluto dal legislatore e dal MEF, di consentire l'esenzione IMU ai coniugi cavalcando il solito e stantio mainstream "dell'evasione da parte dei furbetti". Una storia che connota la "messicanizzazione" italica, dove i giudici si sostituiscono al legislatore, introducendo imposizioni fiscali in violazione della Costituzione, oltre che dei più elementari canoni di buona fede. La vicenda, chiarisce come la giurisprudenza delle Corti superiori abbia voluto, nel tempo, demolire l'impianto voluto dal Parlamento e, si scommette, che a breve, si potrebbe anche arrivare all'abolizione giudiziaria dell'esenzione IMU, accontentando l'UE che lo chiede dal lontano 2001
Legislazione fiscale
di Nicola Iuvinale
Tutti conosciamo l'IMU, l'imposta Municipale Propria (ex ICI).
Le sue caratteristiche principali:
di fatto è una patrimoniale secca. Applicata sul presupposto della "redditività intrinseca, in re ipsa" degli immobili, si paga anche se lo stesso non è in grado "di produrre reddito per effetto di locazione o plusvalenza". In pratica DEVE essere pagata anche se gli immobili sono di fatto "non vendibili o non locabili" (perché, ad esempio, il proprietario non ha soldi per rendere "a norma" o ristrutturarlo);
si paga sulle seconde case e non sulle abitazioni principali (salvo stessa residenza tra i coniugi); sul punto ordinanza senza motivazione della Cassazione del 24.9.2020 n. 20130, ha stabilito che se i coniugi possiedono gli immobili in Comuni differenti ed ognuno di essi risiede e dimora stabilmente nel proprio, nessuno dei due immobili può beneficiare dell'esenzione IMU sul presupposto che il beneficio è utilizzabile solo se il possessore, e il suo nucleo familiare, dimorino stabilmente e risiedano anche anagraficamente nella stessa casa. ll tutto, in contrasto con l'interpretazione costante del MEF e dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Infatti, non vi è una disposizione normativa che preveda espressamente quanto stabilito dalla Cassazione essendo, invero, previsto solo se i coniugi risiedono nello stesso comune ex art. 13 comma 2, del DL 201/2011 e comma 741 lett. b) della L.169/2019, limitato, però, ad un solo immobile. La Cassazione, in pratica, sulla base di una interpretazione parziale del comma 2 del DL 201/2011 ed omettendo di riportare e commentare la restante parte della disposizione (che invero prevede una fattispecie differente), fornisce una esegesi distorta della norma, finendo per introdurre, forzosamente, nell'ordinamento giuridico una imposizione tributaria non prevista espressamente dalla legge. I Giudici, quindi si sostituiscono al legislatore e al MEF. Si crea, in tal modo, son solo un contrasto tra i poteri dello Stato, ma addirittura si viola la Costituzione perché in contrasto con il principio di legalità stabilito dall'art. 23 Cost. secondo cui “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a una legge” (come avvenuto con la Legge di Bilancio 2020);
sul punto, inoltre, non si tiene conto che la famiglia è oggi una realtà dinamica perché i coniugi sono costretti a dividersi per lavoro, per separazioni temporanee o per altri motivi. Quindi alla luce della famigerata ordinanza di cui sopra, anche se i coniugi possedessero una sola casa e fossero (anche per motivi di lavoro, di studio) residenti in comuni diversi, si arriverebbe a sostenere che i coniugi dovranno pagare l'IMU sulla prima casa, con accertamento retroattivo dal 2017 al 2021;
i principi enunciati sommariamente dalla Cassazione contrastano anche con gli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione che stabilisce che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare”, con ciò introducendo una sanzione fiscale ai coniugati, diversamente da quanto avviene per i "meri conviventi di fatto" che beneficiano di doppia esenzione in caso si residenze separate in immobili diversi. Tale incostituzionalità colpisce anche la nuova IMU introdotta dalla Legge di bilancio 2020, perché permane tale disparità di trattamento;
è fortemente iniqua, perché disancorata dal reddito e perché si calcola sulla rendita catastale dell'immobile. Un Paperon de Paperoni, a parità di valore della rendita catastale pagherebbe la stessa imposta di chi non ha alcun reddito, in violazione dell'art. 53 della Costituzione che dispone, invece, che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Inoltre, la mancata preventiva (all'introduzione IMU) revisione generale delle rendite catastali, comporta una assoluta disparità di trattamento tra chi ha dovuto adeguare la rendita dell'immobile (es. per effetto di una ristrutturazione e di una successiva pratica DOCFA) e chi non lo ha mai fatto dall'inserimento in catasto. Quindi, un immobile nel centro di Milano, oggi, potrebbe di fatto avere una rendita catastale più bassa di uno a Canicattì;
si paga anche se non hai reddito, in violazione dell'art. 53 della Costituzione;
ha disincentivato gli investimenti immobiliari contribuendo alla crisi del settore e svalutando il reale valore immobiliare;
è comunemente percepita come una gabella ingiusta;
viene principalmente destinata a finanziare le casse comunali. Si, perché da un lato i Comuni ambiscono a far aumentare i residenti (maggiori residenti, maggiori saranno le entrate e i sussidi statali) e, dall'altro, si lamentano per il mancato incasso dell'IMU, qualora l'immobile fosse una seconda casa. Non solo. Da anni e anni, si assiste ad un fenomeno particolare: quello di ampliare le zone urbanistiche, con i piani regolatori, anche per aumentare le entrate dei Comuni, imponendo il pagamento dell'IMU ai nuovi "entrati" con valori da capogiro, completamente fuori mercato;
l'ordinanza della Cassazione contrasta con i principi di buona fede del contribuente (Statuto), oltre che dei più elementari doveri di correttezza e buona; infatti, i coniugi hanno fatto legittimo affidamento sulle Circolari MEF che consentivano la doppia esenzione (vedi infra).
Detto questo, non c'è altro da aggiungere se non far notare che, all'inverso, se un normale cittadino si comportasse in questo modo, commetterebbe sicuramente "qualche" reato ai danni dello Stato.
L'IMU, introdotta nel 2001 dal D.L. 201/2011, attualmente è disciplinata dai commi 738 e segg. della LEGGE 27 dicembre 2019, n. 160.
In particolare, il vecchio art. 13 comma 2, del DL 201/2011 precisava che “Per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unita' immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.”
Si stabiliva, inoltre, che “Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.
La stessa identica definizione viene oggi riportata nel comma 741 lett. b) della L.169/2019.
In pratica, la famiglia non paga l'IMU sull'immobile in proprietà se vi risiedono e dimorano, abitualmente, il proprietario ed il suo nucleo familiare.
Se i coniugi possiedono due case nello stesso Comune ed ognuno risiede e dimora stabilmente nella propria, solo un immobile potrà beneficiare dell'esenzione.
Per interpretazione costante del Ministro delle Finanze, se i coniugi possiedono gli immobili in Comuni differenti ed ognuno risiede e dimora stabilmente nel proprio, entrambi gli immobili possono beneficiare dell'esenzione IMU.
E ciò, anche per ragioni umane, legate, ad esempio, alla necessità di "dividere" la famiglia per esigenze lavorative.
Tale orientamento è stato sempre sostenuto dal MEF sin dal 2012, sul presupposto della mancanza di disposizione normativa contraria, della specialità della legge IMU e del suo divieto di applicazione analogica come stabilito anche dalle preleggi del codice civile.
Infatti, nella Circolare 3/DF del 18 maggio 2012 si precisa che
Questa interpretazione, è anche confermata dal MEF nelle FAQ Mini IMU e Maggiorazione Tares risposta a quesiti del 20 gennaio 2014.
Tali osservazioni sono state sempre recepite nella recente giurisprudenza di merito, tra le quali basta citare la C.T.P. di Bologna, sez. 1, n. 441 del 22 marzo 2017 che conferma l'interpretazione del MEF e propone, addirittura, una interpretazione costituzionalmente orientata:
Con una recente ordinanza della Cassazione del 24.9.2020 n. 20130, però, si ribalta completamente l'interpretazione della norma con un provvedimento che ha, a dir poco, dell'incredibile!
La Cassazione, infatti, contrariamente al MEF statuisce che:
In parole povere, la Cassazione ha stabilito che se i coniugi possiedono gli immobili in Comuni differenti ed ognuno di essi risiede e dimora stabilmente nel proprio, nessuno dei due immobili può beneficiare dell'esenzione IMU sul presupposto che il beneficio è utilizzabile solo se il possessore, e il suo nucleo familiare, dimorino stabilmente e risiedano anche anagraficamente nella stessa casa.
Il tutto, non solo in contrasto con l'interpretazione costante del MEF (sopra richiamata), ma addirittura anche con i principi generali dell'ordinamento giuridico.
Infatti, non vi è una disposizione normativa che preveda espressamente quanto stabilito dalla Cassazione essendo, invero, previsto solo se i coniugi risiedono nello stesso comune ex art. 13 comma 2, del DL 201/2011 e comma 741 lett. b) della L.169/2019, limitato, però, ad un solo immobile.
La Cassazione, in pratica, sulla base di una interpretazione parziale del comma 2 del DL 201/2011 ed omettendo di riportare e commentare la restante parte della disposizione (che invero prevede una fattispecie differente), fornisce una esegesi distorta della norma, finendo per introdurre, forzosamente, nell'ordinamento giuridico una imposizione tributaria non prevista espressamente dalla legge.
I Giudici, quindi si sostituiscono al legislatore e al MEF.
Si crea, in tal modo, son solo un contrasto tra i poteri dello Stato, ma addirittura si viola la Costituzione perché in contrasto con il principio di legalità stabilito dall'art. 23 Cost. secondo cui “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a una legge”.
In violazione, dunque, sia della legalità formale - per mancanza di una specifica disposizione di legge (cosiddetta costituzionalità formale) - ma anche sostanziale - perché il contenuto parrebbe non conforme ai principi costituzionali (cosiddetta costituzionalità sostanziale) cui agli artt. 29 e 53 della Costituzione.
Infatti, l'art. 29 stabilisce che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare” e l'art. 53 dispone che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”.
Inoltre, i Giudici, introducendo forzosamente una imposizione tributaria non prevista espressamente dalla legge e non plasmabile nell'ordinamento per effetto interpretativo, finiscono anche per porsi in contrasto con l'art. 14 delle preleggi. Principio riportato dalla C.T.P. di Bologna citata, secondo cui
Una cosa difficile da comprendere e da accettare ed alla quale bisognerebbe subito porre rimedio per evitare una pandemia di accertamenti illegittimi - che retroagirebbero di cinque anni per entrambi i coniugi - contrari anche al principio di buona fede e di affidamento dei contribuenti.
Questa situazione finirà per mettere in enorme difficoltà tante famiglie oggi costrette ad entrate ridotte e difficoltà lavorative per cause a loro non imputabili.
Il soggetto passivo dell'imposta, poi, avendo fatto ragionevole affidamento sulla legislazione IMU e sulle circolari ministeriali, si vedrebbe ingiustamente applicare anche sanzioni ed interessi, senza colpa.
Alcuni Comuni, come quello di Parete, hanno già preavvisato i cittadini in merito agli accertamenti tributari che arriveranno.
A questo punto, chi si farà carico di risolvere questo enorme problema?
AGGIORNAMENTO 14.5.2022
Con la Legge di Bilancio 2020, l’articolo 5-decies del decreto-legge n. 146 del 2021, modificando il comma 741 dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019 (legge di Bilancio 2020), ha stabilito che "Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare ".
Quindi, con questa disposizione normativa, dal 2022 i coniugi con residenze separate dovranno pagare l'IMU sull'abitazione da loro prescelta e non avranno più diritto alla doppia esenzione.
In data 24 marzo 2022 la Corte Costituzionale, ha esaminato la questione di legittimità sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli sull’esenzione IMU prima casa.
La Commissione censura la disciplina nell’interpretazione della Corte di cassazione di cui sopra, secondo cui l’esenzione dall’imposta municipale unica (IMU) per l’abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare va esclusa qualora uno dei suoi componenti abbia la residenza anagrafica in un immobile ubicato in un altro Comune.
La Corte ha deciso di sollevare davanti a se stessa la questione di costituzionalità sulla regola generale stabilita dal quarto periodo del medesimo articolo 13.
In particolare, con un comunicato stampa la Corte Costituzionale ci informa che, dubita della legittimità costituzionale – in relazione agli articoli 3, 31 e 53 Costituzione – del riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale non solo del possessore dell’immobile (com’era nella versione originaria dell’IMU) ma anche del suo nucleo familiare. In tal modo, quest’ultimo potrebbe diventare un elemento di ostacolo all’esenzione per ciascun componente della famiglia che abbia residenza anagrafica ed effettiva dimora abituale in un immobile diverso. La Corte ha ritenuto che questa questione sia pregiudiziale rispetto a quella sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli.
In data 20 aprile 2022, il MEF risponde all'interrogazione parlamentare n 5-07902 sulla “Disciplina dell’IMU applicabile ai componenti del medesimo nucleo familiare”, con la quale si chiedevano chiarimenti sulla esenzione dall’IMU per i coniugi con doppia residenza.
Il MEF precisa:
che legge di Bilancio 2020, ha stabilito che « Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare ».
che nella Relazione illustrativa alla disposizione in commento è stato precisato che la stessa ha inteso superare l’orientamento della Corte di cassazione secondo cui, alla luce della normativa previgente, veniva negato il beneficio dell’esenzione ad ambedue i coniugi che si trovavano nella fattispecie in esame. Gli Onorevoli lamentano che, nonostante la novità normativa introdotta dal decreto-legge n. 146 del 2021, i comuni stanno inviando avvisi di accertamento per gli anni 2017-2021, in linea con la predetta interpretazione della Corte di cassazione;
che l’articolo 1, comma 741 della legge n. 160 del 2019 (come modificato dall’articolo 5-decies del decreto-legge n. 146 del 2021) non ha natura interpretativa e, quindi, retroattiva, ma al contrario innovativa e, pertanto, può trovare applicazione solo per l’avvenire;
che, acclarata la portata innovativa della disposizione in esame, giova sottolineare che, con riferimento al periodo pregresso 2017- 2021, trova applicazione la disciplina previgente, secondo cui alla luce dell’orientamento ormai consolidato della Corte di cassazione, « nel caso in cui non è unico il riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale del nucleo familiare, l’esenzione non spetta in nessun caso ». Sulla base di questo indirizzo interpretativo si giustifica la notifica di avvisi di accertamento da parte dei comuni fino all’anno d’imposta 2021;
che, la suindicata nota della Corte Costituzionale, dovrebbe indurre i Comuni ad adottare un atteggiamento di cautela nelle attività di accertamento dell’Imu dovuta per gli anni 2017/ 2021, tenuto conto che una declaratoria di illegittimità della cennata disposizione da parte della Corte costituzionale renderebbe illegittima l’azione di recupero dell’imposta posta in essere dai comuni stessi.
In data 28 aprile 2022 la Corte Costituzionale, con ordinanza 28 aprile 2022 n. 107, ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e dell’art. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 16, 29 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Liguria e non della Commissione tributaria provinciale di Napoli, cui al comunicato stampa di cui sopra.
Un brutto avvertimento.
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