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Immagine del redattoreGabriele Iuvinale

L'Italia tra cambiali, Pil senza crescita e futuro nero per i giovani

In terra nostrana è famoso il detto secondo cui l'Italia è “... un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori... La citazione è riportata sul Palazzo della Civiltà a Roma, nel Quartiere dell'Eur. E' tratta da un discorso che tenne Mussolini il 2 ottobre 1935 in opposizione alle Nazioni Unite, che avevano condannato l'Italia per l'aggressione all'Abissinia. Storia. Se volessimo contestualizzarla, però, si potrebbe anche aggiungere un'ulteriore qualità, quella cioè di essere un popolo di inventori.

Pensate, ad esempio, ai titoli di credito, quali le cambiali o gli assegni. Alcuni ne fanno risalire le origini proprio in Italia. Genialità finanziaria. Facilitare gli scambi commerciali. Nel Medioevo, difatti, comparvero le lettere di credito, grazie alle quali mercanti e sovrani potevano liberarsi dal pericolo di portare con sé grandi quantità di contanti o beni preziosi quando si spostavano da un luogo all’altro. In sostanza, si trattava della prima forma di assegni: i banchieri si prestavano come garanti dei pagamenti, firmando una lettera (detta appunto “di credito”) che li impegnava a pagare somme per conto di chi le portava.

Sappiamo, però, che fine hanno fatto in terra italica con il passare degli anni. Non circolano ormai quasi più. Motivo? Non c'è più fiducia. Carta straccia dicono alcuni, a ragione. Anche gli istituti di credito ormai fanno fatica a scontarli. Vedete com'è importante la fiducia nel commercio? Idem nei mercati finanziari.

Voi vi chiedere perché questo argomento, vero? Perché parlare di invenzioni italiche e fiducia? Accantoniamo questi argomenti per il momento, li riprenderemo più innanzi.


Notizie di ieri

Meritano di essere segnalati tre eventi interessanti:

Il discorso della Lagarde

Christine Lagarde ha rassicurato tutti dicendo che la politica monetaria espansiva continuerà ancora a lungo. Questi i passaggi fondamentali.

  • Questa insolita recessione ha comportato rischi eccezionalmente elevati e ha richiesto una risposta politica eccezionale. Ciò che ha definito questa risposta è il policy mix. Le autorità macroeconomiche, di vigilanza e di regolamentazione si sono integrate e hanno reso più potenti gli sforzi reciproci.

  • Una risposta politica continua, potente e mirata è vitale per proteggere l'economia, almeno fino a quando l'emergenza sanitaria non sarà passata e la vaccinazione sarà a buon punto. Il giusto mix di politiche è essenziale.

  • Il miglior contributo che la politica monetaria può dare è garantire condizioni di finanziamento favorevoli per l'intera economia. Questo è il motivo per cui il mese scorso il Consiglio direttivo ha annunciato che ricalibreremo i nostri strumenti, se del caso, per rispondere alla situazione in corso. Sebbene tutte le opzioni siano sul tavolo, il PEPP e le OMRLT hanno dimostrato la loro efficacia nell'ambiente attuale e possono essere regolati dinamicamente per reagire all'evoluzione della pandemia. È probabile che rimangano gli strumenti principali per l'adeguamento della nostra politica monetaria.

  • Il policy mix europeo ha dimostrato che quando diverse autorità lavorano insieme, i paesi possono assorbire con successo lo shock pandemico. La seconda ondata presenta nuove sfide e rischi, ma il programma per gestirla è lo stesso.

Tradotto?

Significa che lo strumento PEPP di acquisto dei titoli pubblici verrà utilizzato per lungo tempo, forse anche nel 2022, e sarà incrementato a dicembre. Quindi, fiducia.

Va detto che sinora il Consiglio direttivo della BCE ha adottato un ampio ventaglio di misure monetarie per contrastare le conseguenze della pandemia. Gli acquisti di titoli nell’ambito del programma di acquisto di attività finanziarie (Asset Purchase Programme, APP) e di quello per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) hanno riportato le condizioni sui mercati finanziari ai livelli prevalenti prima della pandemia, abbattendo le tensioni e i rischi di frammentazione. Le condizioni favorevoli delle operazioni TLTRO3 e il temporaneo allentamento dei criteri di idoneità e delle misure di mitigazione dei rischi applicati ai titoli stanziabili in garanzia, hanno sostenuto l’afflusso di credito alle famiglie e alle imprese, che è stato favorito anche dalle garanzie pubbliche sui nuovi finanziamenti.

Le parole di Gentiloni

Ieri il Commissario all'economia ha ventilato la possibilità che il Patto di stabilità resti sospeso anche nel 2022. L'idea di una ripresa a V è un'illusione e non ci ho mai creduto ha detto Gentiloni in un'intervista al Financial Times. La clausola di salvaguardia generale del Patto di Stabilità e crescita resterà in vigore per tutto il 2021 ma non significa che dal gennaio del 2022 sarà interrotta. Nei prossimi mesi l'Eurozona discuterà se mantenerla per un altro anno.

Gentiloni ha ricordato che il Fiscal Board, il gruppo di esperti indipendenti incaricato dalla Commissione di valutare l'applicazione del Patto di Stabilità, ha suggerito di rendere inattiva la clausola di salvaguardia del Patto quando tutti i paesi dell'Ue torneranno al livello di Pil toccato nel dicembre del 2019, cioè prima dell'epidemia Covid.

Tradotto? Abbiamo almeno due anni di tempo per sistemare le cose e l'Europa ci darà una mano.

Anche qui il messaggio è la fiducia.


I dati del MEF sul credito e liquidità

Superano i 2,7 milioni le domande di adesione alle moratorie su prestiti per un valore di 301 miliardi. Superano quota 101 miliardi le richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per le micro, piccole e medie imprese presentati al Fondo di Garanzia per le PMI. Attraverso 'Garanzia Italia' di SACE i volumi dei prestiti garantiti raggiungono 16,6 miliardi di euro, su 896 richieste ricevute.

Tradotto?

Rischi. Rischi molto elevati per le finanze pubbliche in caso di insolvenza dei debiti garantiti. Tutti si attendono un significativo deterioramento del credito bancario. I famosi NPL che la supervisione bancaria della BCE continua a considerare uno dei maggiori rischi per la tenuta del sistema creditizio.

Secondo la supervisione della BCE, difatti, la crisi ha iniziato a riflettersi sui bilanci bancari, con una significativa riduzione del rendimento del capitale e delle riserve nel primo semestre, per effetto principalmente dell’aumento degli accantonamenti su crediti, in previsione di un possibile aumento delle insolvenze. Anche Banca d'Italia ha più volte ribadito che, affinché il deterioramento dei prestiti non comprometta la resilienza delle banche e l’offerta di credito, è fondamentale ottenere significativi recuperi di redditività – anche attraverso la razionalizzazione dei costi e adeguati investimenti in tecnologia – e proseguire con la gestione attiva dei crediti deteriorati che ha contraddistinto gli ultimi anni. Non dimentichiamoci, poi, che banche centrali sono intervenute con tagli dei tassi di interesse e misure di sostegno al credito bancario. Pensiamo che gli attivi patrimoniali delle banche centrali dei paesi del G10 sono aumentati di circa 7.500 miliardi di dollari. A proposito, il Governo italiano starebbe pensando in questi giorni anche ad un intervento normativo, di carattere eccezionale, che vada a disciplinare i fallimenti e le crisi d'impresa. Vedremo.


La situazione italica

Vi ricordate che abbiamo detto che l'Italia è anche un popolo di inventori? Ecco, ora vi spiego il perché.

Nel panorama politico sembrerebbero essere scomparsi completamente due parole: debito pubblico e giovani. Ne sentite più parlare? Io no.

E sapete perché? Perché, oltre ad un fatto di criminale irresponsabilità, le politiche monetarie della BCE, in una con le misure europee di sostegno agli Stati, hanno creato una falsa illusione e cioè che il debito pubblico non è più un problema. Possiamo anche farne a meno di discuterne. Anzi, aboliamolo del tutto dalla terminologia del politichese. Ebbene, questo è un azzardo, anche morale, pericolosissimo perché corriamo il rischio di non renderlo più sostenibile.

Abbiamo detto, inizialmente, che il nostro è un popolo di inventori, vero? Ed è vero. Abbiamo anche inventato il PIL senza crescita. Abbiamo cioè ripudiato i principi basilari dell'economia politica. La crescita può non servire, si dice, tanto surroghiamo il tutto con politiche monetarie e di bilancio. Ecco, questo è accaduto negli ultimi 25 anni. Le ragioni? Sono molteplici. Da un lato c'è un aspetto culturale. L'odio verso il capitale e l'impresa. Questi rappresentano un male da estirpare. Una invidia sociale. Tanto c'è “mamma Stato” che rimedia a tutto, anche per i non meritevoli. Possiamo fare a meno di produzione e lavoro. Dall'altro, c'è che la politica non vuole programmi a lungo termine. Serve il consenso politico immediato. La conta dei voti giornaliera. Fare le vere riforme costa voti. Meglio non affrontare certe tematiche.

Ed i giovani? Eh! Anche loro sono scomparsi dai discorsi politici. Sono un problema, evidentemente. I voti si prendono altrove. E poi i debiti li dovranno pagare loro, giusto? E no! Ho più volte analizzato, comparativamente, la normativa costituzionale tedesca con quella italiana. Li, in quella teutonica, c'è un principio di tradizione storica: i debiti non si scaricano sulle future generazioni. E se si fanno, occorre un piano di rientro serio. I giovani sono una risorsa.

Da noi no, purtroppo. Ma il vizio non è insito nella nostra Costituzione, anzi. Il problema è, ripeto, la mala fede dei politicanti nostrani rispetto a tale problema.


Le priorità: il debito pubblico e la crescita

Banca d'Italia continua a ribadire che per abbattere il debito serviranno la crescita economica e un buon avanzo primario (almeno l’1,5 per cento del PIL, il valore medio degli ultimi anni). Per ottenere quest’ultimo è ovviamente importante limitare gli aumenti di spesa di carattere strutturale. In qualche momento del futuro gli interventi straordinari dell’Eurosistema cesseranno e i tassi sui mercati internazionali saliranno, la struttura del debito ci aiuterà, ma dobbiamo farci trovare con il rapporto debito/PIL in discesa a un buon ritmo.

Occorre, quindi, che la politica torni ad occuparsi subito della gestione del debito pubblico.

Quanto alla crescita, l'Istituto di vigilanza ci ricorda che per affrontare una fase di riallocazione dei consumi e della produzione, servono, innanzi tutto, imprese dinamiche che investano, innovino, adattino i loro prodotti a quanto verrà domandato nel mondo del dopo Covid. Servono poi Amministrazioni pubbliche che non ostacolino ma sostengano questo processo, facilitando la mobilità del lavoro e del capitale, accrescendo la formazione di capitale umano, coinvolgendo tutte le aree del Paese e le fasce della popolazione. Serve molta capacità progettuale, sia nel settore pubblico che in quello privato.

Occorre, dunque, migliorare la qualità e quantità dell’istruzione, accrescere gli investimenti privati e pubblici, aumentare la spesa in ricerca e sviluppo e accelerare l’innovazione, migliorare il quadro regolamentare e l’azione della PA, facilitare l’aumento della dimensione delle imprese.


Capitolo giovani.

L’attenzione ai giovani è particolarmente importante, dice Banca d'Italia. La pandemia e la recessione tendono infatti ad accentuare gli squilibri generazionali, che erano già significativi, per effetto, per esempio, dell’aumento della disoccupazione giovanile, del debito pubblico, dell’incidenza della spesa per pensioni.

Serve, dunque, coniugare maggior crescita e maggiore equità.

Basta, quindi, parlare solo di incremento del debito pubblico. Gli spazi di bilancio sono finiti. Non è più accettabile una politica che vuole un popolo sussidiato con l'oppio di Stato. Sussidi che diventano risarcimenti, dove l'assistenzialismo confina con il parassitismo. Corriamo il rischio di chiedere scoperti di conto che non saremo in grado di rimborsare, o meglio dovranno farlo i nostri figli a carissimo prezzo.

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