La sua recente evoluzione strategica suggerisce che si è drammaticamente inclinata verso Mosca
di Nicola Iuvinale
L'invasione russa dell'Ucraina è una prova importante dell'evoluzione politica, del posizionamento tattico e delle scelte strategiche della Cina.
Pechino sta cercando un equilibrio "impossibile", tentando di perseguire tre obiettivi contemporaneamente: un partenariato strategico con la Russia, l'impegno per affermare i principi di politica estera di lunga data di "integrità territoriale" e "non interferenza" e il desiderio di ridurre al minimo i danni collaterali alla Russia, inflitti dall'UE e dalle sanzioni statunitensi.
Non può averli tutti e tre e dovrà abbandonarne l'uno o l'altro, oppure spostare la sua posizione, di giorno in giorno, sotto l'occhio vigile globale.
Evan A. Feigenbaum, nel suo articolo "China Faces Irreconcilable Choices on Ukraine", sostiene che la scelta, quasi certa della Cina, sarà quella di abbandonare i suoi principi, dando priorità alla "politica del potere" e alle considerazioni pratiche.
"La Cina condivide con la Russia alcuni principi cardine delle relazioni internazionali, inclusa l'opposizione alle alleanze guidate dagli Stati Uniti e un profondo disagio per la politica estera degli USA che risale all'intervento della NATO nei Balcani negli anni '90. Ma le azioni russe violano nettamente la convinzione, spesso dichiarata della Cina, nella sovranità, nell'integrità territoriale e nella non interferenza; questi principi sono stati presumibilmente al centro della politica estera cinese per decenni. Ma, abbandonando questi principi e confondendo quella scelta attraverso un linguaggio diplomatico scaltro e nebbioso, Pechino ha chiarito che l'elemento più decisivo della sua attuale politica è l'inclinazione verso Mosca".
In effetti, la posizione della Cina è cambiata radicalmente dal 2008, quando la Russia ha invaso la Georgia e due territori, l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud, che sono stati poi riconosciuti da Mosca come stati “indipendenti”.
"Quell'azione è stata un campanello d'allarme nella politica di Pechino, perché la Russia non è riuscita ad arruolare la Cina e altri partner dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai per far approvare le sue azioni in un vertice a Dushanbe in Tagikistan, poche settimane dopo l'invasione". "Sei anni dopo, quando la Russia ha annesso la Crimea, Pechino si è avvicinata a Mosca, ma ha cercato di mantenere una certa flessibilità astenendosi dalle risoluzioni chiave delle Nazioni Unite ed evitando avalli palesi alle argomenti e posizioni russe".
Oggi, tuttavia, Pechino sta dispiegando alcune delle argomentazioni della stessa Russia, puntando il dito contro Washington e non contro Mosca.
Pechino senza dubbio mira ad evitare di essere trascinata troppo direttamente in un conflitto tra Russia e Occidente.
Il ministro degli Esteri Wang Yi ha, infatti, fatto riferimento alla "sovranità, indipendenza e integrità territoriale" dell'Ucraina in risposta a una domanda alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco.
Da allora, la sua enfasi è svanita dalle dichiarazioni cinesi, sepolta invece sotto astratti riferimenti ai principi della Carta delle Nazioni Unite, per poi riapparire improvvisamente.
In modo più drammatico, il portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying ha cercato di spostare l'attenzione dall'azione russa sulla politica americana, definendo persino gli Stati Uniti "il colpevole” attraverso una litania di lamentele storiche russe e cinesi.
Nella conferenza stampa del 28 febbraio scorso il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha ribadito: "La sovranità e l'integrità territoriale di tutti i paesi dovrebbero essere rispettate e sostenute e gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite dovrebbero essere salvaguardati congiuntamente. Questo è un principio che la Cina sostiene costantemente e una norma di base che governa le relazioni internazionali a cui tutti i paesi dovrebbero aderire. Allo stesso tempo, riconosciamo le particolari complessità storiche sulla questione ucraina e comprendiamo le legittime preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza. La Cina chiede sforzi per abbandonare completamente la mentalità della Guerra Fredda e forgiare un meccanismo di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile attraverso il dialogo e la negoziazione".
Data la delicatezza dell'attualità, la sua formulazione è sicuramente una scelta voluta.
"Le scelte della Cina nei prossimi giorni saranno molto importanti per le relazioni con gli Stati Uniti e altri paesi. Ma la propensione verso Mosca, soprattutto rispetto al 2008, è così notevole che, in pratica, Pechino non potrà evitare la percezione, verso l'esterno, della sua la complicità o persino il sostegno attivo a favore della Russia".
L'ex leader comunista cinese Mao Zedong ha sempre sottolineato l'importanza delle contraddizioni: "l'opposizione dialettica di forze e influenze che possono essere sfruttate ed equilibrate".
Ciò comprendeva la tesi centrale di "On Contradiction ", uno dei due saggi teorici più famosi di Mao, pubblicato nel 1937.
Il suo testo rimane un trattato del Partito Comunista Cinese e dei marxisti cinesi di oggi, incluso il presidente Xi Jinping. Questi continuano a pensare in tali termini, cercando di sfruttare le contraddizioni, per garantire un vantaggio strategico pur mantenendo la flessibilità tattica.
"In Ucraina, Pechino dovrà affrontare contraddizioni insolitamente nette. E troverà queste contraddizioni quasi impossibili da bilanciare. Pagherà un costo con l'Occidente transatlantico per la sua inclinazione verso Mosca. Pagherà anche un costo per la rottura con Mosca. La Cina non potrà evitare di fare delle scelte e queste influenzeranno in modo decisivo la politica estera cinese almeno per il prossimo decennio".
Dietro le sue contraddizioni, le sue nebbiose "astensioni" al Consiglio generale dell'ONU, si nasconde, anche, un'altra verità.
Più netta e schierata.
"Cina e Russia continueranno la normale cooperazione commerciale, reciprocamente vantaggiosa", ha affermato lunedì scorso il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, in un briefing.
"Cina e Russia continueranno la normale cooperazione commerciale nello spirito del rispetto reciproco, dell'uguaglianza e del reciproco vantaggio", ha affermato il diplomatico.
Non solo.
La compagnia mineraria sudoccidentale cinese, South-West Mining Company, che estrae oro a Kolyma, ha stipulato un accordo con il Fondo di partenariato sociale della regione di Magadan sull'assistenza umanitaria all'LNR e al DNR (le autoproclamate repubbliche separatiste del Donbass ucraino); il tutto accompagnato da una lettera a firma dl Presidente della società, Shao Jianxiang, che è stata inviata anche al presidente russo Vladimir Putin.
Il testo è eloquente.
"Per otto anni, il popolo russo che vive nel territorio della DPR e della LPR è stato soggetto a violenze e oppressione, il che ha portato alla necessità di difendere la pace con l'uso della forza militare. La Southwestern Mining Company si batte per il rispetto sovranità e integrità territoriale di tutti i paesi, sostiene il popolo russo, guidato da Vladimir Putin, che difenderà la sua sovranità e dignità... Siamo pronti a fornire assistenza umanitaria per un importo di cinque milioni di rubli... Viva la grande gente russa. Lunga vita alla grande amicizia sino-russa!".
La Cina non può nascondersi più: deve scoprire le sue carte. Fonte: CANERGIE. Evan A. Feigenbaum è vicepresidente per gli studi presso il Carnegie Endowment for International Peace.
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