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Immagine del redattoreGabriele Iuvinale

La confessione di un Commissario

Siamo in una dramma. Non è questo il momento delle polemiche. Sono queste le parole usate dal Commissario Straordinario per l'emergenza Covid -19, Domenico Arcuri, nella sua conferenza stampa di ieri pomeriggio. Un dramma che non avremmo mai più voluto rivivere. Le misure fin qui adottate dal Governo, dice, non sono sufficienti per raffreddare la curva dei contagi. Serve altro. Un nuovo patto di responsabilità ritrovata.

Tradotto: nuovi e pesanti sacrifici dei cittadini, altrimenti salta tutto. La situazione diventerebbe incontrollabile, si lascia intendere. Anche se a dire il vero, in realtà, già lo è.

Muoversi il meno possibile se non quando è necessario. Oggi l'80% dei contagi, precisa Arcuri, avvengono all'interno delle famiglie e si registra un affollamento degli ospedali.

E dopo aver ricordato, freddamente, dati su dati, come è giusto che faccia un manager, nel suo tentativo di giustificare la bontà di quanto sin qui fatto, ha anche affermato che ormai è giunto il momento di dire la verità in faccia ai cittadini. Vale a dire, non abbiamo mai sottovalutato il problema in questi mesi, sapevamo che c'era una tempesta nel mondo e che prima o poi sarebbe arrivata anche da noi.

Fermi! Questa è la frase più importante nel discorso del Commissario. L'unica chiave di lettura dei fatti attuali. Significa che sia lui, che il Governo, avevano, dunque, la consapevolezza che quanto stava drammaticamente accadendo intorno a noi, e nel mondo intero, avrebbe inevitabilmente colpito di nuovo, e con altrettanta violenza, anche l'Italia.

Un giudizio di valutazione sulla prevedibilità dell'evento, imminente e concreto, dunque, era stato fatto. Ma a questo giudizio è poi realmente seguita, come avrebbe dovuto, l'adozione di tutte quelle misure atte a mitigare i rischi? Rischi, che oggi, a dire di Arcuri, paiono non più evitabili?

Questo è ciò che dobbiamo capire. Questo è il nodo centrale della questione. Non siamo in grado di dirlo con certezza in questa sede. E non possiamo nemmeno avere la presunzione di farlo. Forse, e si spera, ce ne saranno altre e ben più importanti. Possiamo, però, riavvolgere il nastro del tempo di questi ultimi 5/6 mesi e ricordare cosa è stato fatto dal Governo. O meglio, cosa non è stato fatto. E porci di conseguenza delle domande, legittime.

Innanzitutto, il messaggio che questa estate tutto il Governo ha lasciato in qualche modo passare, anche incolpevolmente, è stato che il virus sembrava sconfitto, o comunque passato. E qualcuno, come si è ricordato da più parti, era pronto anche a scriverci un libro.

Se così non fosse, non avrebbero certo deciso di occupare il tempo in campagne elettorali ed elezioni varie (a proposito, anche su tale ultimo aspetto, si spera che qualcuno in futuro ne possa giudicare, scientemente, l'incidenza sugli eventi attuali).

Intanto, però, il virus, a quanto pare, ci stava circondando ed il Governo, come ha confessato ieri proprio lo stesso Arcuri, ne era a perfetta conoscenza. Una grave ondata pandemica avrebbe colpito di nuovo, inevitabilmente, anche noi di lì a poco.

Allora?

Allora era, o non era, noto a tutti, già da questa estate, delle molte difficoltà esistenti come quella, ad esempio, di poter parlare con il proprio medico di famiglia? Telefonate messe in attesa a lungo. Necessità di prenotare una visita che poi ci sarebbe stata solo a distanza di giorni.

Perché non si è intervenuti sulla medicina territoriale? Medicina, che tutti sapevano essere il vulnus principale del nostro sistema sanitario?

E non sarebbe stato opportuno prepararsi per tempo anche al fine di mettere i medici di base nelle condizioni di poter fare i test, evitando così un eventuale e probabile affollamento dei pronto soccorso?

Si sapeva, o non si sapeva, che l'app Immuni, dopo l'alert di un contatto, avrebbe lasciato il destinatario in balia di se stesso, con lo sconforto di non saper più cosa fare? Tornare a casa e magari far correre il rischio di contagiare, come poi è accaduto in molti casi, i propri familiari?

Perché nel frattempo non si sono approntati ospedali covid, cosa che oggi pare inevitabile?

Certo. Lo sapevano tutti. In primis i decisori politici.

Quindi?

Quindi, le parole di Arcuri non possono che suonare oggi come una dichiarazione confessoria, una sorta di chiamata in “correità” del Governo, che qualcosa non ha funzionato. Che tutto quello che poteva, e avrebbe dovuto farsi, forse, non è stato fatto o è stato, evidentemente, fatto in ritardo.

Ed oggi non ci si può di certo “nascondere” dietro l'impetuosità – così l'ha definita Arcuri – dei contagi che sono passati da 4.300 circa a 26.832 in soli 21 giorni.

Scuse tardive.

Lo si sapeva o non lo si sapeva dell'aggressività del virus? Sì, a sentire le parole di Arcuri di ieri. Proprio lui ci conferma che un giudizio di prevedibilità era stato fatto insieme al Governo.

E la dimostrazione di quanto si va affermando, allora, trova conferma anche del Decreto Ristori entrato in vigore ieri. Le misure previste negli articoli 19, 20 e 21 riguardanti l’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri e l'istituzione del servizio nazionale di risposta telefonica per la sorveglianza sanitaria riguardante l'App Immuni, rappresentano la prova liquida di un intervento tardivo.

Idem, per il bando della Protezione Civile indetto solo qualche giorno fa per l’individuazione di 1500 unità tra personale medico e sanitario e di 500 addetti all’attività amministrativa da impiegare, su base territoriale, per rafforzare l’attività di ricerca e gestione dei contatti dei casi positivi (contact tracing).

Chiamasi colpa, evidentemente.

E solo per questo vi è una gravissima responsabilità, quantomeno politica, di chi ci governa.

Certo, per onestà intellettuale va anche detto che noi, semplici uomini di strada, non possiamo stimare quanto queste misure, adottate in ritardo, avrebbero potuto mitigare gli eventi in corso, se prese per tempo.

Ci limitiamo ad esaminare i fatti. E come tali li abbiamo compresi. Ed ora siamo nuovamente chiamati a sopportare il peso del dramma. Un nuovo ed imminente lockdown generale, in nome di un nuovo patto di responsabilità ritrovata.

Ma ora i cittadini sono confusi, disorientati e spaventati. Le cose non sono state spiegate per bene. Opacità persistente. E la paura, ora, confina con la rabbia.

Ricordate quando Conte diceva che un secondo lockdown sarebbe stato drammatico e non avremmo potuto sopportarlo in termini economici? Ricordate o lo avete già scordato? Ecco, non dimentichiamo.

Il tempo del perdono è finito.

Tra l'altro, oltre alla salute, ci siamo giocati un capitale di 100 mld. Un capitale, che ora qualcuno dovrà pagare con tanto di penale ed interessi, ricominciando tutto da capo.







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