In Italia è ormai certificato.
Abbiamo una emergenza sanitaria ed economica, entrambe mal gestite. Ma ne abbiamo pure una di natura normativa.
Periodo strano, questo.
Sembrerebbe che in Italia è ormai possibile far di tutto.
E' stato superato finanche il confine del “decoro normativo”.
Nelle università ci insegnano che la Costituzione è la norma primaria dello Stato. E' la fonte delle fonti. Inderogabile. Intoccabile. Eppure l'emergenza ci ha mostrato che esiste anche un diritto emergenziale. Un diritto che appunto in nome dell'emergenza sanitaria ha il potere di derogare anche regole cogenti, costituzionali. Un diritto ignoto anche agli stessi studiosi.
L'ex Presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, aveva scorto questo rischio qualche mese fa, ammonendo tutti sul fatto che non esiste nel nostro ordinamento giuridico un diritto emergenziale. La Costituzione, disse, è il faro anche nell'emergenza e va, dunque, rispettata.
E di certo non si riferiva solo ai poteri emergenziali che nel primo decreto legge il Premier Conte si era auto-attribuito (con la complicità successiva del Parlamento) in violazione del principio di legalità sostanziale. Principio che impone limiti rigorosi nell'attribuzione di poteri al Premier, anche in tempo di guerra.
Un pericoloso precedente, dunque.
Ma andiamo con ordine.
In questi giorni è stata approvata dal Parlamento la legge di conversione del decreto Agosto 34/2020.
L'ennesimo decreto d'urgenza che la Carta Costituzionale, all'articolo 77, ne consente sì, l'adozione, ma “solo in casi straordinari di necessità e di urgenza”. Eppure qui, nel Paese della perenne emergenza anche psicologica, è diventato il modus operandi della produzione normativa.
E ciò ad onta della nostra Carta Costituzione che individua solo nel Parlamento il soggetto al quale compete la potestà legislativa. Dunque, non al Governo, salvo i casi, appunto, di delega del legislatore o di decreto legge. Fattispecie eccezionali e non consuetudinarie.
Tuttavia, è successo che il decreto agosto, nel passaggio in Senato, è diventato ipertrofico.
Il provvedimento, difatti, originariamente composto da 115 articoli, per un totale di 442 commi, è stato incrementato a 179 articoli, per un totale di 709 commi.
E soprattutto è stato “gonfiato” da norme del tutto eterogenee che, secondo il Comitato per la Legislazione della Camera, “suscitano comunque perplessità per quel che attiene la riconducibilità alla ratio unitaria del provvedimento”.
Tradotto: viola la Costituzione ed i principi enunciati dalla Corte Costituzionale.
E di norme eterogenee ed inconferenti ne troviamo diverse, come ad esempio l’articolo 87 in materia di costituzione della nuova Alitalia. Ecco, in questo si scorge lo “Stato imprenditore” che ha precedenza su tutto, anche sui principi costituzionali inderogabili.
Proprio nella sentenza n. 247/2019 la Corte Costituzionale ha ricordato come "l'inserimento di norme eterogenee rispetto all'oggetto o alla finalità del decreto-legge determina la violazione dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione. Tale violazione … scaturisce dall'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione attribuisce ad esso, con speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge (sentenza n. 22 del 2012)"
Quanto alla tempistica, giova notare come il provvedimento sia stato trasmesso dal Senato alla Camera soltanto ad una settimana dalla scadenza del termine per la conversione in legge. Anche questa è una condotta che si pone in contrasto con una recente ordinanza Corte costituzionale, la n. 60 del 2020, nella quale si afferma che è necessario “mantenere un ragionevole equilibrio nelle procedure parlamentari, in particolare garantendo la possibilità di un esame effettivo e compiuto da parte del secondo ramo”.
E voi vi chiederete cosa potrebbe fare il Presidente della Repubblica in queste situazioni.
Sottolineiamo che quest'ultimo, dopo aver promulgato quest'estate la legge di conversione del decreto legge 76/2020 sulla semplificazione, aveva contestualmente inviato una lettera ai Presidenti del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati e al Presidente del Consiglio dei Ministri, ricordando che il provvedimento, originariamente composto da 65 articoli, per un totale di 305 commi, all'esito dell'esame parlamentare risultava composto da 109 articoli, per complessivi 472 commi. Aveva, quindi, anche rammentato che la legge n. 400 del 1988, legge ordinaria di natura ordinamentale volta anche all'attuazione dell'articolo 77 della Costituzione, annovera tra i requisiti dei decreti legge l'omogeneità di contenuto. Ed aveva proprio richiamato la citata sentenza n. 247 del 2019, con la quale la Corte aveva anche osservato che "La legge di conversione è fonte funzionalizzata alla stabilizzazione di un provvedimento avente forza di legge ed è caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare e semplificato rispetto a quello ordinario. Essa non può quindi aprirsi a qualsiasi contenuto, come del resto prescrive, in particolare, l'art. 96-bis del regolamento della Camera dei deputati”.
Ma, nel caso del decreto agosto, il Presidente della Repubblica ha promulgato de plano.
In casi del genere quest'ultimo può poco. Potrebbe, certo, non promulgare e fare osservazioni secondo l'artico 74 della Costituzione. Ma se il Parlamento gli rinvia il testo senza apportare le modifiche richieste, il Presidente della Repubblica è obbligato a promulgare. Siamo, quindi, di fronte ad un Parlamento che, in nome di una presunta emergenza, non rispetta sistematicamente le osservazioni della Corte Costituzionale, del Presidente della Repubblica ed i principi Costituzionali.
Ed in piena consapevolezza finisce per introdurre nel nostro ordinamento giuridico norme inficiate da profili di incostituzionalità. Regole che, nel frattempo, dispiegano i loro effetti almeno fino a quando non interviene (se e quando) una eventuale sentenza di incostituzionalità della Corte.
Un'ultima chiosa.
L’articolo 15 della legge n. 400 del 1988 impone il requisito dell’immediata applicazione delle misure contente nei decreti-legge. Ma anche questa regola non è stata rispettata.
Nel decreto agosto, infatti, 75 dei 709 commi necessitano di provvedimenti attuativi. In particolare, è prevista l’adozione di 6 DPCM, 56 decreti ministeriali, 18 atti di altra natura (tra i quali 2 comunicati ministeriali). Inoltre, 15 disposizioni prevedono il coinvolgimento del sistema delle conferenze (Conferenza Stato-Regioni, Conferenza Stato-città e Conferenza unificata), mentre una necessita del parere del Garante per la protezione dei dati personali. Infine, l’entrata in vigore di 9 disposizioni è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.
Alla faccia della semplicità e dell'urgenza.
Il mondo nuovo che si aprirà post pandemia lo ricorderemo, dunque, anche per un nuovo diritto, quello emergenziale appunto.
Ed avuto un precedente......
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