Il patto, che sarà giuridicamente vincolante, conterrà l'obbligo di consultare gli USA con l'impegno per questi ultimi di fornire assistenza qualora il Bahrein dovesse affrontare un'imminente minaccia alla sicurezza
G e N Iuvinale
Secondo fonti informate, "questa settimana gli Stati Uniti e il Bahrein firmeranno un accordo economico e di sicurezza strategica che migliorerà l’impegno degli Stati Uniti in materia di sicurezza nei confronti del Regno del Golfo". A darne la notizia, è la testata on line Axios.
Il Segretario di Stato americano Antony Blinken incontra il principe ereditario e primo ministro del Bahrein Salman bin Hamad Al Khalifa, presso il Dipartimento di Stato a Washington, DC, il 2 marzo 2022. Foto: Elizabeth Franz/AFP via Getty Images
L'accordo è importante per gli Stati Uniti perchè il Bahrein è un partner chiave degli USA nel Golfo. La Quinta Flotta della Marina, infatti, ha lì il proprio quartier generale in una grande base navale statunitense.
L'accordo strategico sarebbe in lavorazione da più di un anno, con l’amministrazione Biden che vorrebbe utilizzarlo come cornice per accordi simili con altri Paesi della regione.
Brett McGurk, Consigliere senior di Biden per il Medio Oriente, ha visitato il Bahrein la scorsa settimana, incontrando il Principe ereditario ed altri funzionari bahreiniti, diiscutendo gli ultimi dettagli dell'accordo.
Nel 2002, il Regno del Golfo è diventato uno dei principali alleati non NATO degli Stati Uniti, una designazione simbolica importante, ma che non include alcun impegno in materia di sicurezza.
Il Bahrein, inoltre, ritiene l’Iran - situato a meno di 100 miglia di distanza dall’altra parte del Golfo - come una seria minaccia. Teheran, infatti, da anni rivendica il territorio del Bahrein come una delle sue province, con il governo del Regno che ha accusato lo Stato iraniano di alimentare disordini tra la popolazione sciita del Paese.
Secondo Axios, il Principe ereditario e Primo Ministro del Bahrein Salman bin Hamad Al Khalifa dovrebbe firmare l'accordo durante una visita a Washington in settimana. Sono previsti una serie di incontri con il Segretario di Stato Tony Blinken, con il Segretario alla Difesa Lloyd Austin ed il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.
Maggiori dettagli
L'accordo prevede l'impegno a consultare gli USA con l'obbligo per questi ultimi di fornire assistenza qualora il Bahrein dovesse affrontare un'imminente minaccia alla sicurezza nazionale.
Il patto, che sarà giuridicamente vincolante, comprenderà un impegno in materia di sicurezza e delineerà un partenariato economico tra Stati Uniti e Bahrein, nonché una cooperazione su tecnologie affidabili.
L’accordo, tuttavia, non include un impegno in stile NATO ai sensi dell’Articolo 5, che avrebbe richiesto agli Stati Uniti di considerare qualsiasi attacco al Bahrein come un attacco all’America.
Il ritorno USA in Medio - Oriente
L’accordo con il Bahrein fa parte di una più ampia spinta da parte dell’amministrazione Biden volta a rafforzare i legami con i Paesi della regione medio-orientale.
Sabato Biden ha annunciato insieme ai leader di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e India un grande progetto infrastrutturale internazionale per collegare India, Medio Oriente ed Europa con una rete di ferrovie e linee di navigazione.
Il principe ereditario dell'Arabia Saudita, Mohammed Bin Salman, ha dichiarato nel suo discorso che il regno investirà 20 miliardi di dollari nella partnership di Biden per le infrastrutture e gli investimenti globali, che comprenderà anche il progetto ferroviario e marittimo.
l Middle East è tornato, dunque, ad essere un importante obiettivo geopolitico per gli USA. Per questo, l'Amministrazione Biden avrebbe elaborato una "complessa" strategia per contenere l'ascesa militare ed economica della Cina, bloccandola nei suoi punti di forza. Ma, come abbiamo scritto, la sfida per Washington appare tremenda.
Come si è più volte sottolineato, non c'è dubbio che la crescente presenza cinese nell'area rappresenta una sfida tremenda non solo per gli Stati Uniti, ma anche per gli alleati che si affacciano sul Mediterraneo. Per questo, gli USA vorrebbero ora tornare ad essere un significativo attore regionale di influenza geoeconomica e strategica, fornendo una valida alternativa al piano egemonico cinese.
Normalizzare le relazioni tra Arabia Saudita ed Israele, mantenendo al contempo a distanza la Cina. Questa sarebbe l'idea che l'amministrazione Biden starebbe perseguendo.
Per questo, gli Stati Uniti avrebbero già concordato con l'Arabia Saudita un quadro generale di accordo di normalizzazione delle relazioni tra i due Stati.
Secondo i funzionari statunitensi, se l'accordo dovesse essere raggiunto, l'Arabia Saudita riconoscerebbe Israele in cambio di concessioni israeliane alla Palestina, oltre a fornire garanzie di sicurezza all'Arabia Saudita ed aiutarla a sviluppare un programma nucleare civile.
Attraverso questo patto tripartita gli Stati Uniti mirerebbero specificamente a minare la crescita delle relazioni sino-saudite. Il negoziato, infatti, sarà a "tutto tondo", coinvolgendo il settore militare ed economico. Ma gli USA faranno una richiesta precisa all'Arabia: limitare il loro rapporto con la Cina.
Funzionari statunitensi affermano che l'attenzione dell'amministrazione Biden sull'accordo riflette la sua opinione secondo cui gli Stati Uniti devono rimanere un attore centrale in Medio Oriente per scoraggiare l'Iran, isolare la Russia e impedire alla Cina di rimpiazzare gli Stati Uniti nella regione.
Le richieste USA: no basi militari cinesi, limitare Huawei e vietare lo yuan
Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha incontrato il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Sullivan a Jeddah un mese fa, sperando di accelerare il processo di negoziazione dell'accordo.
Con i negoziatori che hanno ora iniziato a elaborare i dettagli, i funzionari statunitensi ritengono di poter elaborare aspetti negoziali più precisi entro i prossimi nove-dodici mesi.
Oltre ad alcune condizioni che coinvolgono le tre parti, l'Arabia Saudita avrebbe avanzato agli Stati Uniti tre richieste principali:
assistere il regno Saudita nello sviluppo della tecnologia nucleare civile;
espandere le esportazioni di armi verso quest'ultimo;
se l'Arabia Saudita fosse attaccata, gli Stati Uniti dovranno fornire supporto militare.
Gli USA, dal conto loro, richiedono all'Arabia Saudita di mantenere le distanze dalla Cina sia economicamente che militarmente.
In particolare:
l'Arabia Saudita dovrà garantire loro che la Cina non installerà una base militare nel Paese;
richiedono al Regno Saudita di limitare l'uso delle tecnologie sviluppate da Huawei;
quando esporteranno petrolio in Cina, l'Arabia dovrà garantire che il relativo pagamento avvenga in dollari USA invece che in yuan. Oltre ai requisiti per la Cina, gli Stati Uniti sperano anche che l'Arabia Saudita possa aumentare la produzione di petrolio.
Gli sforzi per ottenere un accordo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele hanno ricevuto un ulteriore impulso durante il fine settimana, quando una delegazione del Ministero degli Esteri israeliano e dell'Autorità per le Antichità è arrivata a Riyadh per partecipare alla riunione del Comitato del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO. Era la prima volta che una delegazione del governo israeliano visitava ufficialmente e pubblicamente l'Arabia Saudita.
Sullo sfonfo il contenimento della Cina
La strategia cinese
Il crescente impegno della Cina nel Medio Oriente, coincidente con il disimpegno americano e l'applicazione di sanzioni alla Russia, ha rafforzato la credibilità di Pechino come partner economico per molti Stati dell'area e come attore diplomatico e militare. In particolare, i legami tra Cina e Arabia Saudita si stanno espandono velocemente, coinvolgendo economia, diplomazia, intelligence e sicurezza regionale.
Per decenni, i legami economici tra i due Paesi si sono limitati alle esportazioni di greggio, ma negli ultimi anni il rapporto si è rapidamente diversificato, riflettendo il desiderio di Cina e Arabia Saudita di far progredire le relazioni economiche oltre la tradizionale attenzione alle sole risorse energetiche.
L'approccio cinese, difatti, è passato dall'essere puramente transazionale a stratturarsi in modo più sfaccettato ed intrecciato ai futuri sviluppi economici e politici dell'Arabia Saudita e di altri Paesi del Golfo Persico.
Pechino sta tentando di surrogare gli Stati Uniti come attore regionale di influenza geoeconomica e strategica.
Il colosso tecnologico cinese Huawei, ad esempio, ha annunciato lunedì scorso l'apertura di un data center cloud a Riyadh, la capitale saudita, come parte dei suoi sforzi per espandere la propria offerta di servizi online in Medio Oriente.
L'azienda di Pechino ha affermato in una nota che il nuovo centro diventerà un data center fondamentale per i servizi cloud Huawei in Medio Oriente, Asia centrale e Africa, "offrendo servizi cloud innovativi, affidabili, sicuri e sostenibili".
Con una strategia consapevole di Pechino volta ad approfondire i legami mediorientali, sarà ancora più difficile per gli Stati Uniti destreggiarsi tra le diverse priorità geopolitiche che includono l'Ucraina, la regione indo-pacifica, la Cina e l'area del Mediterraneo.
Per mesi l'amministrazione Biden ha esplorato silenziosamente la possibilità di normalizzare le relazioni tra Arabia Saudita e Israele, con l'intento di promuovere la pace in Medio Oriente.
Tuttavia, da un punto di vista strategico, gli USA si stanno muovendo per molteplici considerazioni. Con la stagione elettorale del 2024 in pieno svolgimento, l'amministrazione Biden ha fatto della normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita e Israele un obiettivo politico.
Allo stesso tempo, gli Stati Uniti sono preoccupati per la crescente influenza della Cina nella regione del Golfo. Il Pentagono ha notato una serie di segnali pericolosi e l'Amministrazione Biden ha forti riserve su qualsiasi cooperazione di sicurezza tra la Cina e i suoi alleati del Golfo.
La Cina è anche un partner attraente per i dittatori della regione che sono alla ricerca di maggiori strumenti di repressione e sorveglianza tecnologica che Pechino ha sviluppato e venduto a diversi Stati autoritari in Africa e America Latina.
Pechino, dunque, non rappresenta una sfida limitata nell'Indo-Pacifico, ma lo è anche nel Medio Oriente, in Africa ed oltrove, come in America Latina ed Europa.
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