Doveva essere il momento in cui la cooperazione transatlantica su Pechino avrebbe dovuto cambiare marcia. Invece, UE e Cina sono sempre più amiche
Geopolitics
G Iuvinale
Questo era il momento giusto in cui la cooperazione transatlantica sulla Cina avrebbe dovuto cambiare marcia. Tuttavia, l'approccio dell'Europa su Pechino si è rafforzato.
La prima bozza della strategia del governo tedesco sulla Cina a firma del Ministro degli Esteri Annalena Baerbock, pubblicata da Der Spiegel a metà novembre, era chiara ed includeva:
il riconoscimento che la rivalità e la concorrenza sistemiche sono diventate le caratteristiche distintive della relazione;
che la dipendenza economica della Germania dalla Cina ha creato vulnerabilità che devono essere affrontate con urgenza e che Berlino non deve commettere con la Cina gli stessi disastrosi errori che ha commesso con la Russia.
Ma la realtà di questi giorni contraddice il tuttto ed è improbabile che le proposte più lungimiranti - come gli "stress test" per le società tedesche che dipendono eccessivamente dalla Cina, l'esplorazione di un regime di screening degli investimenti in uscita e un trattato di investimento con Taiwan - saranno mai attuate.
Vero è che in un primo momento l'invasione dell'Ucraina ha (ri) avvicinato l'Europa agli Stati Uniti, ricordando ad entrambi l'importanza dell'azione collettiva per rispondere alle minacce geopolitiche. Invece di prendere slancio, però, le relazioni UE/USA stanno pericolosamente "deviando" a metà del mandato del Presidente Joe Biden. Il Presidente cinese Xi Jinping ha i suoi problemi, come hanno dimostrano le proteste zero-COVID.
Ma ad oggi non c'è un fronte transatlantico unito e non sembra neppure intravvedersi all'orizzonte, anche se la prossima settimana alti funzionari dell'Unione Europea si recheranno a Washington per due incontri: il dialogo UE-USA sulla Cina ed il Consiglio per il commercio e la tecnologia (TTC).
A Washington, gli alti dirigenti dell'Amministrazione USA sono nervosi per come taluni leader europei hanno approcciato benevolmente la Cina nel vertice del G 20. Tutti hanno voluto incontrare Xi Jinping che è divenuto, improvvisamente, disponibile per strette di mano, sorrisi e promesse di cooperazione vantaggiosa per tutti.
Caduti nella nota trappola del divide et impera. Il motto di Xi che ha sfruttato l'ennesima debolezza europea, aggravata anche dalla lite intercorsa tra Macron e Scholz sull'approccio da tenere con Pechino.
Ed infatti, dopo il litigio, il Cancelliere tedesco si è recato in Cina con una delegazione di imprenditori nostrani, palesando al mondo la volontà tedesca di una "unione economica" con Pechino sempre più solida e crescente.
Scholz, quindi, ha sparato il primo colpo che rischia di trasformarsi in una nuova festa d'amore con la Cina.
L'ultima prova? Il viaggio lampo a Pechino del Presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che ha colto di sorpresa molti degli Stati membri dell'UE che dovrebbe rappresentare.
Chi rappresenta allora Michel? Con chi si è recato a Pechino?
Sì, l'approccio dell'Europa alla Cina si è rafforzato.
Bisogna essere preoccupati per una nuova ondata di Realpolitik che può investire Bruxelles, che per alcuni esperti può essere riassunta così:
la Russia, non la Cina, è il nemico numero uno; gli Stati Uniti approfittano della guerra in Ucraina a spese dell'Europa; e un impegno più stretto con Pechino ha senso, come cuscino contro i forti venti contrari economici scatenati dal conflitto e perché l'Europa deve fare tutto il possibile per cercare di allontanare Pechino da Mosca.
Nelle stanze di comando dell'UE gira una preoccupante voce: ci sono problemi e l'Europa ha bisogno di partners in questo momento, indipendentemente da chi siano.
La retorica è questa e bisogna esserne molto preoccupati.
Guardiamo i fatti. Ad aprile il massimo diplomatico dell'UE, Josep Borrell, ha descritto la conversazione tra l'UE e la Cina come un "dialogo tra sordi". Sei mesi dopo, ha utilizzato un intervento sulle relazioni UE-Cina al Parlamento europeo per evidenziare i punti in comune con Pechino e le divergenze dell'Europa con gli Stati Uniti, suscitando una feroce risposta da parte dei parlamentari. Il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire ha recentemente accusato gli Stati Uniti di perseguire politiche industriali in stile cinese; ma questa è una pericolosa distorsione della realtà. E poi ci sono i segnali confusi che arrivano da Scholz, che settimane dopo aver portato con sé nel suo viaggio a Pechino le aziende tedesche più dipendenti dalla Cina, si è "lamentato" del fatto che queste stesse aziende avessero messo troppe uova nel paniere cinese.
"Sono sorpreso di quanto alcune aziende si siano rese dipendenti da mercati specifici, ignorando completamente i rischi", ha affermato.
Una evidente bugia. E viene da sorridere pensando che proprio Scholz, parlando al Bundestag la scorsa settimana, ha accusato il leader dell'opposizione conservatrice Friedrich Merz di vivere in un mondo fantastico simile ad Alice's Adventures in Wonderland. Ma oggi, a bocce ferme, lo stesso si potrebbe dire di lui sulla Cina.
Sì, l'approccio dell'UE alla Cina si è ulteriormente rafforzato!
Comments