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Immagine del redattoreGabriele Iuvinale

UE: troppa dipendenza dei media dalla politica

Aggiornamento: 18 nov 2021

Non era così tanto difficile scoprire che in Italia esistesse un problema, cioè quello della dipendenza dei media dalla politica.

La questione, passata un po' in “sordina” nel nostro Paese, è emersa da un interessante rapporto sullo Stato di diritto pubblicato per la prima volta dalla Commissione Europea qualche giorno fa.

La relazione è stata elaborata attraverso contributi offerti direttamente dagli Stati, oltre che dall'analisi di importanti rapporti tematici internazionali.

Lo Stato di diritto è sancito dall'articolo 2 del trattato sull'Unione europea e l'importante documento si è concentro proprio sulla trattazione dei suoi quattro pilastri principali, ritenuti essenziali per un sistema efficace di governance democratica, vale a dire: i sistemi giudiziari nazionali, i quadri anticorruzione, le questioni istituzionali relative al bilanciamento dei poteri ed appunto la libertà dei media.


Cosa è emerso?

E' risultato che l'indipendenza politica dei media italiani resta un problema - così recita testualmente l'analisi - a causa della mancanza di efficaci disposizioni sulla prevenzione dei conflitti di interesse. Problema rimasto irrisolto, dunque, anche a distanza di quindici anni dal famoso parere di Venezia reso pubblico dalla Commissione europea.

Inoltre, anche il Media Pluralism Monitor (MPM), strumento istituito nel 2011 allo scopo di monitorare la libertà e il pluralismo dei media in Europa, nel suo ultimo rapporto 2020 – richiamato proprio dalla Commissione europea nel documento sullo stato di diritto – ha valutato l'Italia a medio rischio riguardo la libertà dei media.

L'influenza politica continua a farsi sentire in modo significativo nel settore audiovisivo - specifica il MPM - e in misura minore anche al settore dei giornali, a causa dei rapporti indiretti tra gli interessi degli editori e il Governo, a livello nazionale così come a livello locale. Sfide alle regole del conflitto di interessi sono emerse anche nell'ambiente digitale, soprattutto sul ruolo della piattaforma privata su cui il Movimento Cinque Stelle fa affidamento per la sua organizzazione interna, le decisioni politiche ed il finanziamento.

Continua a mancare una legge efficace sul conflitto di interessi, dunque. Questo è il principale vulnus del sistema italiano dei media secondo il rapporto MPM citato dalla Commissione. E la critica è diretta proprio alla famosa "legge Frattini" (215/2004) ancora in vigore. Legge, che presenterebbe ancora limiti e i difetti irrisolti con riguardo, soprattutto, la questione della proprietà dell'azienda.

Ma la libertà dei media non è il solo ed unico problema rimasto senza soluzione.

Dalla relazione MPM – i cui dati si riferiscono al periodo 2018/2019 - emerge, inoltre, anche il rischio di una elevata concentrazione dei mezzi di informazione. Al riguardo, l'indicatore, che rappresenta l'indice di misurazione, segna addirittura un rischio pari al 76%. Tradotto, elevato, fin troppo. C'è un basso livello di pluralità dei media che ha colpito l'Italia negli ultimi trenta anni, si legge.

I motivi?

Perché la trasmissione televisiva in chiaro è ancora dominata dai due principali operatori, cioè RAI e Fininvest, anche se lo sviluppo dei canali del digitale terrestre, l'aumento delle tv e dei servizi audiovisivi a pagamento hanno messo in discussione il loro rigido duopolio. Anche il settore radio, continua il rapporto MPM, si è caratterizzato da un elevato processo di concentrazione. Nel 2018, infatti, i primi quattro player controllavano il 56% dei ricavi di mercato ed i primi due erano sempre RAI e Fininvest / Mediaset.

Quanto al settore della carta stampata, anch'esso, si legge, ha subito importanti cambiamenti negli ultimi anni.

Exor, la holding della famiglia Agnelli, ha preso il controllo di Gedi, il primo gruppo editoriale italiano, acquistando una quota del 43,7%.. Gedi possiede La Stampa, il terzo quotidiano nazionale, ed è proprietaria anche della principale emittente radiofonica nazionale, Radio Deejay.

Il Cairo Group, invece, definito dal rapporto un editore puro, starebbe guadagnando una quota crescente nel mercato editoriale e pubblicitario. Controlla il Corriere della Sera, il primo quotidiano italiano, La Gazzetta dello Sport e diverse riviste popolari. Inoltre, è il quarto player nel mercato audiovisivo con La7 tv.

In conclusione, è emerso che tutti i settori dei mezzi di informazione (audiovisivo, radio, giornali e, in misura minore, digitale) hanno una concentrazione molto elevata. Nella maggior parte dei casi la loro proprietà ha anche altri interessi industriali e finanziari rilevanti, si dice nella nota.

Cosa accadrà ora? Nulla, almeno per il momento. L'Europa si limiterà a controllare con il cosiddetto meccanismo dello stato di diritto. Questo meccanismo, sostiene la Commissione, dovrebbe aiutare tutti gli Stati membri a studiare il modo di affrontare i problemi e di imparare gli uni dagli altri, e mostrare il modo di rafforzare ulteriormente lo Stato di diritto nel pieno rispetto dei sistemi costituzionali e delle tradizioni nazionali.

Vedremo.

Intanto, non si può non riscontrare come i problemi dei media, per ora soltanto evidenziati, restano purtroppo irrisolti ed il rischio, concreto, è quello di non avere un'informazione realmente libera.






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